di Marco Calini

Foto di Bas Van Uyen

Chi vusa pusè… non suoni sacrilego accostare la legge dei cortili legnanesi al codice di comportamento allegramente infranto sul Centre Court di Wimbledon. Ma se per definizione è sostenuto il volume della musica di fondo nell’universo popolano, altro ci si aspetta nella cattedrale del tennis: impatto della palla sul piatto corde, scroscio di applausi dalle tribune e punteggio scandito con liturgica spersonalizzazione dal giudice di sedia. Invece cherchez la femme; gridano a 100 decibel le ladies quando schiaffeggiano la palla. E qualcuno, almeno qui dove la disciplina sportiva delle buone maniere nacque nel 1877, ha detto basta. Il capo esecutivo dei Championships, Lan Ritchie, in un’intervista al Telegraph, non ha usato mezzi termini: «Il pubblico sugli spalti e i telespettatori a casa sono sempre più infastiditi dagli strilli delle tenniste, assordanti e molto sgradevoli».

L’indice è puntato sulle nuove generazioni, atlete dell’Est Europa in testa, come la bielorussa Victoria Azarenka e la zarina Maria Sharapova. Il ruggito della tigre siberiana, nel 2009, sarebbe vibrato a 105 decibel, soltanto 15 in meno rispetto al suono di una sirena. Mala educacion sentenziano i sacerdoti del Tempio, ma oltre, per le antiche regole dell’ospitalità, non possono spingersi. Lo sanno bene i membri dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club: molti sono i chiamati, pochi gli eletti. Ancora meno se a mettere in mano la racchetta a bambine in età scolare sono genitori con il simbolo del dollaro nel bianco degli occhi. Cosa importerà mai a costoro, dopo il rompete le righe post Muro, dell’ultrasecolare code che regna sui prati di Sua Maestà britannica? Il fine giustifica; il mezzo diventa quello sport signorile, se non da signorine, almeno ritenuto tale fino a non molto tempo fa. Non è gente da tè delle cinque, non è il gusto del gioco né la giusta misura a guidarli. Braccia prestate al tennis piuttosto che all’agricoltura perché è più produttivo il campo da gioco rettangolare di quelli da dissodare con l’aratro. Spirito da struggle for life, non per sopravvivere ma per una vita miliardaria. Chi ama il tennis ne rispetta regole e cerimoniali, chi lo usa come ascensore sociale lo calpesta come l’erba malconcia nella seconda settimana del torneo. Che, verde segno di speranza, ricresce puntuale per l’anno dopo. In silenzio.