L’articolo di Mattia Feltri sulla Stampa di ieri per la sua rubrica Buongiorno mette insieme due nomi e due storie diametralmente opposte, quelle di Fernando Aiuti e di Peter H. Duesberg. Il primo, immunologo molto importante per la storia della cura dell’Aids in Italia, è purtroppo morto qualche giorno fa, all’età di 83 anni. Il secondo, biologo, di un anno più giovane di Aiuti, è l’autore di una controversa (e infondata) teoria secondo cui non ci sarebbe alcun legame tra Hiv e Aids, e il primo non sarebbe l’anticamera del secondo. La sua conclusione è che tale legame sia un’invenzione, costruita ad arte da governi e case farmaceutiche per guadagnare dalla commercializzazione dei farmaci antiretrovirali, sulla pelle dei cittadini. Non che sia un bene in sé avere posizioni ortodosse, qualunque sia la materia. Ma, come ha fatto notare il sociologo Ted Goertzel, «Dissentire dall’ortodossia non è difficile; la parte tosta è avere una teoria migliore».
La teoria di Duesberg è stata smentita dalla comunità scientifica a più riprese nel corso degli anni, ma questo non le ha impedito di fare gravi danni, proliferando presso i più propensi a credere a cospirazioni e teorie del complotto di ogni tipo. Purtroppo, in qualche caso, si è trattato anche di capi di Stato, come il sudafricano Thabo Mbeki, presidente del Sudafrica dal 1999 al 2008 che, dando credito a un pannello di medici negazionisti (tra cui Duesberg), ha vietato la distribuzione e somministrazione dei farmaci antiretrovirali nel suo paese, causando la morte di oltre 300mila persone.
Aiuti, durante la sua carriera, è andato esattamente nella direzione opposta. Il suo contributo è stato molto importante sia dal punto di vista medico («È stato lui a descrivere il primo caso di Aids in Italia nel 1982», ricorda Stefano Vella, direttore del Centro di Salute Globale dell’Istituto superiore di sanità), sia da quello dell’immagine della malattia e dei malati di Aids nel tempo. È celebre una foto del 1991, che lo ritrae mentre bacia una persona affetta dalla malattia, Rosaria Iardino, dimostrando ai presenti e al mondo intero che non è possibile contrarre la malattia da uno scambio di saliva. In un momento in cui non esistevano i social network e il World Wide Web era ancora un affare riservato ai ricercatori del Cern, quell’atto (e la foto che lo ritrae) è diventato un simbolo della lotta allo stigma a cui erano (e talvolta sono tuttora) sottoposti i malati di Aids.
Inutile negare che il fatto che si tratti di una malattia venerea sposti (per alcuni) la colpa sul malato, che in qualche modo se la sarebbe “andata a cercare”. Posto che è sempre opportuno avere rapporti sessuali protetti, la realtà è più complessa di una raccomandazione, per quanto giusta. «L’Aids ha scoperchiato le disuguaglianze fra ricchi e poveri – sottolinea ancora Vella –. È stata la prima malattia globale. Quando sono nati i farmaci, ha rivelato che una parte dei pazienti potevano avere accesso ai medicinali e salvarsi. Altri pazienti invece, nel Sud del Mondo, rimanevano esclusi. E Aiuti era in prima linea in questa battaglia. Oggi l’Oms lavora perché tutti possano ricevere le terapie».
Ma nell’articolo di Feltri si citava anche un altro personaggio ben noto, reo di avere diffuso durante i suoi spettacoli il sospetto che la teoria di Duesberg avesse una qualche fondatezza: Beppe Grillo. Proprio ieri, con la firma del comico in calce all’appello diffuso dall’immunologo Roberto Burioni, avviene la (tardiva?) ricucitura nei confronti della comunità scientifica nel suo complesso, piuttosto che di singoli scienziati accecati dalle loro intuizioni, se non mossi da cattive intenzioni. «Nessuna forza politica italiana si presta a sostenere o tollerare in alcun modo forme di pseudoscienza e/o di pseudomedicina – si legge al punto 2 dell’appello – che mettono a repentaglio la salute pubblica come il negazionismo dell’AIDS, l’anti-vaccinismo, le terapie non basate sulle prove scientifiche, ecc.». Resta da capire quale sia il peso di Grillo all’interno del partito che ha contribuito a fondare, il Movimento 5 Stelle. Ma di sicuro, almeno, ha fatto pace con una parte del suo vecchio pubblico, che forse non gli ha perdonato certe uscite. Peccato che Aiuti non sia vissuto abbastanza da esserne testimone.