Da anni l’Italia riesce a garantire l’autosufficienza di sangue intero. Purtroppo la stessa cosa non si può dire per quanto riguarda la raccolta di plasma. Questo ci costringe ad acquistarne da altri paesi, tra cui gli Stati Uniti, dove la donazione è quasi sempre retribuita.

Come spiegato sul periodico Dono & Vita, curato dall’Avis Regionale Veneto, da tempo il nostro paese ha superato la soglia di 40 unità annue di globuli rossi ogni mille abitanti. Si tratta di un dato su cui comunque è bene mantenere alta l’attenzione, perché il valore medio nazionale maschera le rilevanti differenze tra regioni che raccolgono in eccedenza e altre che risultano carenti. Il sistema di interscambio intra ed extraregionale garantisce che il sangue sia sempre disponibile dove serve, ma è importante lavorare affinché nelle regioni carenti i numeri aumentino, e siano sempre meno dipendenti da quelle eccedenti. Un sistema che dipende da poche regioni virtuose implica che se queste ultime dovessero trovarsi in una situazione di difficoltà, anche temporanea, si tornerebbe presto a una situazione di non autosufficienza, e quindi alla necessità di rifornirsi all’estero. I dati sull’invecchiamento della popolazione sono un ulteriore elemento di preoccupazione in questo senso.

Il discorso è molto diverso per quanto riguarda il plasma. Qui, spiega Dono & Vita, il valore soglia per l’autosufficienza è fissato in 18 chilogrammi di plasma inviati alla plasmaderivazione ogni mille abitanti. La media italiana, aggiornata al 2022, si attesta a 14,3 chili per mille abitanti. Più nel dettaglio, attualmente l’Italia arriva a coprire il 70 per cento del suo fabbisogno di immunoglobuline e albumina, mentre è autosufficiente per il resto dei farmaci plasmaderivati.

Perché questo è importante per il nostro sistema sanitario, anche a livello economico, lo si legge ancora nell’articolo: «Il plasma è una risorsa sempre più strategica ed essenziale per il Servizio Sanitario Nazionale. La produzione industriale del plasma nazionale in conto lavorazione dà luogo a farmaci che vengono utilizzati nella cura dei nostri pazienti. A beneficio loro poiché ne usufruiscono in maniera gratuita ed estremamente sicura, ma anche di tutto il Sistema sanitario. Va anche ricordato che la lavorazione del plasma nazionale produce un notevole risparmio economico rendendoci indipendenti dal mercato mondiale del plasma». Sganciarsi dalla necessità di acquistare sul mercato globale farmaci plasmaderivati salvavita, dunque, è un tema che dovrebbe stare molto a cuore a chi governa il funzionamento del Servizio sanitario nazionale e quelli regionali.

La riflessione etica su questo tema riguarda la volontarietà e gratuità del dono. Il plasma in Italia è infatti raccolto da una rete di associazioni e centri trasfusionali, con Avis che gioca un ruolo di primissimo piano, come gesto volontario, gratuito (non remunerato e non rimborsato) e anonimo da parte degli associati. Gli Stati Uniti, che raccolgono oltre il 70 per cento del plasma mondiale – mentre la maggior parte del processo di lavorazione avviene all’interno dell’Unione europea –, lo fanno quasi esclusivamente a pagamento. In questo modo è come se in Italia convivessero due sistemi diversi e antitetici. L’Italia ha fatto una scelta precisa fin dalla fondazione del suo sistema trasfusionale, difendendola anche in Europa. Trovarsi costretti a importare plasma raccolto su base utilitaristica è una contraddizione da cui liberarsi il prima possibile.

(Foto di Nguyen Hiep su Unsplash)

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