Tra le misure approvate con i recenti decreti del governo a sostegno delle famiglie, è stato inserito anche il cosiddetto “bonus psicologico”. Si tratta di un contributo che varia tra i 600 e i 200 euro, a seconda del livello Isee di chi fa richiesta, come supporto a terapie psicologiche di cui c’è sempre più bisogno (il bonus si azzera per Isee oltre i 50 mila euro).
Il fatto che una misura di questo tipo fosse largamente necessaria è provato dal fatto che, a fronte di un fondo di 10 milioni di euro, poi portato a 25 milioni, tali risorse si sono dimostrate insufficienti ancor prima di essere erogate. Come spiega infatti un articolo uscito sul manifesto, sono già oltre 300 mila le domande arrivate all’Inps per accedere al bonus. «Ipotizzando che tutti accedano al sussidio più corposo – spiega il manifesto –, il budget totale basta per meno di 42 mila domande, poco più di una su dieci tra quelle arrivate. Ma se anche le richieste riguardassero le fasce di reddito superiori, le domande soddisfatte non potranno superare un terzo del totale di quelle presentate». A meno di ulteriori incrementi del fondo nelle prossime settimane, sarà l’ordine d’arrivo delle domande a stabilire chi avrà accesso al bonus e chi no.
A dimostrare di avere bisogno di tale supporto sono soprattutto le fasce più giovani della società. «Secondo i dati in mano all’Inps e anticipati dal Sole 24 Ore, il 60% delle domande arriva da persone sotto i 35 anni di età – riporta il manifesto –. La percentuale conferma le osservazioni di un report della Commissione europea sull’impatto della pandemia di Covid-19 sulla salute mentale dei giovani, che sarà uno dei documenti più discussi al Summit globale sulla salute mentale organizzato a Roma dall’Oms oggi e domani, al termine della settimana iniziata lunedì 10 ottobre con la Giornata mondiale della salute mentale».
Il dato è confermato anche da una ricerca condotta da Openpolis: «Uno strumento che consente una lettura del fenomeno è l’indice di salute mentale, elaborato da Istat all’interno degli indicatori sul benessere equo e sostenibile (Bes). […] I quesiti selezionati si riferiscono alle quattro dimensioni principali della salute mentale: ansia, depressione, perdita di controllo comportamentale o emozionale e benessere psicologico. A partire dalle risposte, viene elaborato un indice che varia tra 0 e 100: più è elevato l’indice, migliori sono le condizioni di benessere psicologico della persona. Tale indice, una volta disaggregato per età, sembra indicare un netto peggioramento del benessere psicologico tra ragazze e ragazzi tra i 14 e 19 anni, proprio a cavallo tra la rilevazione del 2020 e quella del 2021».
Detto questo, resta poco chiaro come mai in Italia il problema della salute mentale non rientri tra le cure garantite dal sistema sanitario nazionale. Il “bonus psicologico”, come tutti i bonus, è una misura tampone, che può essere utile nel breve periodo. Peraltro, nella sua progressività relativa solo all’Isee, non tiene conto delle differenze nel costo della vita nelle diverse zone d’Italia. Per chi abita a Milano, per esempio, non è raro sentirsi chiedere 80 euro per una seduta, mentre in altre città si scende anche fino ai 50 euro a seduta. Significa coprire 7,5 sedute nel primo caso, 12 nel secondo (considerando un bonus “pieno” da 600 euro)
Quello della salute mentale è un tema ampiamente sottovalutato dal sistema sanitario pubblico e lasciato a chi se lo può permettere. Come si legge in un’inchiesta sul tema realizzata dallo European Data Journalism Network, «“La salute mentale è come il dentista. Nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea [tra cui l’Italia, ndr], tutto ciò che ha a che fare con un problema fisico è oggetto della sanità pubblica, ma per andare dal dentista bisogna pagare un extra: lo stesso vale per la cura della salute mentale”, dice Marcin Rodzinka, portavoce di Mental Health Europe».
Le cose purtroppo non sono destinate a cambiare nemmeno grazie agli investimenti previsti nel Pnrr, spiega ancora il manifesto: «Nelle case di comunità, i presidi in cui saranno riuniti i principali servizi di cure primarie, la presenza di specialisti per la salute mentale non sarà “obbligatoria” ma solo “raccomandata”. Saranno le singole Asl ad attivare o meno tali servizi, che non saranno garantiti in modo universale ma a macchia di leopardo».
(Foto di Towfiqu barbhuiya su Unsplash)
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