Si stima che ogni anno 11 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscano nell’oceano: una nave cargo al giorno. La marea crescente – negli oceani e non solo – è il sintomo di problemi molto più ampi: design insostenibile dei prodotti, consumo sconsiderato e gestione inefficiente dei rifiuti. Per frenare l’inondazione, secondo gli scienziati, c’è bisogno di intervenire più “a monte” nel processo di produzione.

È ciò che i negoziatori di 193 paesi si propongono di fare con l’impegno firmato in un incontro avvenuto in questi giorni a Nairobi, in Kenya. L’obiettivo è ambizioso, spiega Science: creare un comitato di negoziazione che cercherà di elaborare, entro due anni, un nuovo trattato globale destinato a frenare l’inquinamento da plastica.

Una proposta già pubblicata, che ricalca il trattato sul clima delle Nazioni Unite, stabilisce piani d’azione nazionali, fissa obiettivi vincolanti di riduzione dei rifiuti, stabilisce sistemi di monitoraggio e prevede la nomina di un nuovo organo consultivo scientifico mondiale.

Gli sforzi internazionali per ridurre i rifiuti marini e l’esposizione a sostanze chimiche pericolose includono già misure relative all’inquinamento da plastica. Ma nessun trattato globale esistente cerca di ridurre l’inquinamento prendendo in considerazione l’intero ciclo di vita di un prodotto, dalla sua nascita come materia prima alla sua morte, se diventa spazzatura.

Uno dei problemi è che mancano dati rigorosi e comparabili sulla portata e le cause del problema, il che rende difficile identificare i punti critici di inquinamento o rilevare le tendenze. Le organizzazioni non profit e le agenzie governative usano protocolli diversi per il rilevamento dei rifiuti da spiaggia, per esempio, e anche i metodi di calcolo delle microplastiche in acqua variano. Il nuovo trattato potrebbe essere d’aiuto nel promuovere o stabilire metodi di misurazione standard.

Ma anche dopo che gli scienziati si saranno accordati su delle metriche standard, raccogliere quei numeri potrebbe essere complicato, soprattutto nei paesi in via di sviluppo con infrastrutture di regolamentazione e ricerca deboli. Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), che ospita l’incontro, sta già lavorando per aumentare la capacità di monitoraggio con programmi di formazione. Tali sforzi sarebbero aiutati da un nuovo trattato che incoraggiasse i finanziamenti e i progressi tecnologici, che ridurrebbero la necessità di rilevamenti sul campo.

Dati industriali più dettagliati sulla produzione, il trasporto e il consumo di plastica potrebbero inoltre aiutare le nazioni a ridurre l’inquinamento, secondo i ricercatori. Ma molti paesi permettono alle aziende di mantenere tali numeri riservati, rendendo difficile calcolare come la plastica si stia muovendo nell’economia e nell’ambiente.

I negoziatori affronteranno anche una domanda chiave: quanto inquinamento da plastica è “troppo”? È noto che i sacchetti di plastica, gli attrezzi da pesca scartati e le microplastiche sono letali per la fauna selvatica, ma gli scienziati stanno iniziando solo ora a capire come calcolare i rischi. Il trattato potrebbe aiutare a catalizzare tali sforzi.

Sarà però difficile, nel breve termine, smettere di usare plastica “vergine”. Una grossa motivazione sta nel fatto che molti suoi usi sono visti come essenziali. Gli articoli di plastica monouso sono comuni nella sanità, per esempio, per prevenire contaminazioni e infezioni, e nell’industria alimentare per evitare che frutta, verdura e altri prodotti si rovinino. Anche le bottiglie monouso possono essere di vitale importanza in aree senza acqua pulita.

I negoziatori potrebbero invece chiedere la riduzione o l’eliminazione di ciò che l’UNEP ha chiamato “plastica non necessaria, evitabile e problematica”, come i sacchetti della spesa monouso, le posate da asporto o le sfere di plastica nei cosmetici (già in parte vietati nell’Unione europea). Ma secondo gli analisti le nazioni devono anche concentrarsi sui modi per riutilizzare e riciclare i materiali plastici. Attualmente, i ricercatori stimano che meno del 10 per cento dei prodotti di plastica siano riciclati. Una progettazione più efficace di prodotti che favoriscano una migliore gestione dei rifiuti potrebbero aumentare questo numero, riducendo la domanda di materiali vergini.

Cercare di finalizzare il nuovo trattato in soli due anni è “molto ambizioso”, ha ammesso l’UNEP. Ma i ricercatori che seguono il problema dell’accumulo di plastica nell’ambiente sono molto contenti che i colloqui stiano iniziando.

(Foto di Naja Bertolt Jensen su Unsplash )

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