Il governo guidato da Giorgia Meloni si è insediato da meno di una settimana, eppure è già riuscito a far parlare di sé. Hanno infatti colpito le nuove denominazioni che hanno preso alcuni ministeri. Vediamone alcune.
Ministero dell’agricoltura e della sovranità alimentare
Qui a farsi notare è l’assonanza tra sovranità e sovranismo. La presidente del Consiglio non ha mai nascosto di avere una visione nazionalista su tutti gli aspetti della politica, e una delle parole oggi più diffuse è proprio sovranismo, inteso come sottrazione alla logica che ha portato, dall’istituzione dell’Unione europea in poi, a cedere parte della sovranità nazionale a un soggetto terzo. In realtà il concetto di sovranità alimentare ha una storia molto diversa, legata a movimenti di rivendicazione delle comunità locali del Sud globale contro lo sfruttamento delle terre e delle persone e contro la creazione di ingiustizia sociale da parte del commercio internazionale. La sovranità alimentare propone modelli alternativi volti all’adozione di politiche che assicurino l’accesso al cibo per tutti e che rispettino l’ambiente, i diritti dei lavoratori, e in generale l’autodeterminazione dei paesi sfruttati per le loro risorse. Il concetto è poi stato fatto proprio anche dalle Nazioni unite. È possibile che Meloni e i suoi collaboratori avessero in mente questi movimenti quando hanno pensato al nome da dare al ministero, oppure che sovranità sia da intendere in realtà come sovranismo.
Ministero delle imprese e del made in Italy
Anche in questo caso niente di sorprendente vista l’attenzione da sempre posta nelle dichiarazioni di Meloni rispetto alla tutela delle imprese italiane. A far sorridere, come ha fatto notare Francesco Costa nella sua rassegna stampa quotidiana per il Post, è che per tutelare qualcosa di italiano si usi una formula inglese. Il ministro incaricato, Adolfo Urso, ha poi parlato di “mission” – altro anglicismo – per il suo dicastero. Certo si tratta di dettagli ma, vista l’attenzione posta nella scelta delle parole, ci aspettiamo una maggiore coerenza nelle future dichiarazioni del ministro.
Ministero dell’istruzione e del merito
L’inserimento della parola “merito” di fianco a “istruzione” ha fatto storcere il naso a molti esperti che si occupano di scuola, e che rifiutano il fatto di vedere gli studenti come una sorta di “lavoratori in pectore”. La meritocrazia, che oggi ha un’accezione per lo più positiva, inizialmente era vista come qualcosa da cui rifuggire: un sistema meritocratico è un sistema in cui l’aristocrazia di nascita è sostituita da «un’aristocrazia dell’ingegno: ne deriva una stratificazione sociale rigida in cui la mobilità è pressoché assente e le opportunità di cambiamento scarseggiano». Così scrive Michael Young in un saggio recensito su Doppiozero. «L’idea che l’educazione abbia un fondamentale valore economico per il sistema delle imprese è l’assunto fondamentale della teoria del “capitale umano” – si legge ancora nella recensione –: abilità, conoscenze, attitudini degli individui possono incrementare il profitto privato. È quindi necessario trovare standard oggettivi di misurazione dell’efficacia dei sistemi educativi e formativi per rendere più efficiente possibile la valorizzazione che avviene in essi del “capitale umano”».
Ministero della famiglia, natalità e pari opportunità
Ad attirare l’attenzione in questo caso è stata la parola “natalità”. Viste le posizioni conservatrici espresse a più riprese dalla ministra, Eugenia Roccella, in molti si sono chiesti che intenzioni abbia il governo in tema di regolamentazione del diritto all’aborto.
Al di là di questo, l’Italia, come molti altri paesi “sviluppati”, ha in effetti un problema di denatalità (negli ultimi anni la popolazione complessiva è diminuita, nonostante l’ingresso di stranieri residenti), e quindi politiche per favorire nuove nascite (slegate ovviamente dall’accesso al diritto ad abortire) potrebbero rivelarsi utili. Inoltre, sottolinea il Post, «L’indicazione è presente nel nome di ministeri simili anche all’estero, ma con accezioni spesso diverse e legate essenzialmente alle politiche per assistere i nuovi genitori».
Per chiarire eventuali fraintendimenti, con questo articolo abbiamo voluto riflettere su come alcune scelte linguistiche apparentemente innocue si prestino a rivelare possibili indirizzi politici, di questo come di qualsiasi governo. Saranno poi gli atti concreti a determinare la bontà delle scelte dell’esecutivo, ma su questo sospendiamo ogni giudizio in attesa che siano prese le prime decisioni.
(Foto di Bruno Martins su Unsplash)
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