A breve l’Italia dovrebbe avere un nuovo nomenclatore tariffario, ossia il documento che stabilisce quali strumenti di supporto devono essere erogati gratuitamente a persone con disabilità. Allo stesso tempo, dovrebbero essere presto licenziati i nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza), ossia l’elenco delle prestazioni che lo Stato è tenuto a fornire gratuitamente o dietro il pagamento di ticket. In entrambi i casi si tratta di elenchi che si attendono da molto tempo, e che stanno ricevendo critiche negative da parte delle associazioni.

Come per le barriere architettoniche, anche qui si parla di ritardi che superano il quindicennio, complice la tanto citata (in questi tempi referendari) instabilità dei governi, ma anche la cattiva volontà di questi. L’ultimo nomenclatore tariffario, tuttora in vigore, risale al 1999. L’anno prossimo compirà dunque 18 anni. Come si intuisce dalla ricostruzione del Post, c’è chi negli anni scorsi ha provato ad aggiornare quell’elenco, ormai obsoleto vista la rapidità dell’evoluzione tecnologica e le novità nell’approccio alla cura. «Gli ultimi due tentativi risalgono al 2012, con ministro Renato Balduzzi, e al 2008, ministra Livia Turco. Nel primo caso il decreto di Balduzzi che adeguava il nomenclatore fu approvato nell’ottobre del 2012 e stabiliva la scadenza per la modifica al 31 maggio. Il governo di cui Balduzzi faceva parte, il governo Monti, perse però la maggioranza nel dicembre del 2012: Monti si dimise, e il nuovo governo di Enrico Letta che si insediò nell’aprile del 2013, di fatto, ignorò la scadenza. Un decreto di aggiornamento era stato emanato anche nel 2008, governo Prodi, dall’ex ministra della Sanità Livia Turco: fu approvato ma a fine legislatura, e anche quello mai applicato». C’è chi dunque si “dimentica” di rispettare le scadenze stabilite da altri, chi invece si ricorda giusto a ridosso delle elezioni, così poi arriverà qualcun altro e chi s’è visto s’è visto. Il risultato è che man mano che invecchiava quell’elenco, che per legge avrebbe dovuto essere aggiornato al massimo ogni tre anni, chi ha avuto le disponibilità economiche si è potuto permettere l’accesso ai nuovi strumenti, mentre gli altri sono rimasti indietro, dimenticati da una politica che ha sempre altro a cui pensare, molto spesso la propria autoconservazione.

Un servizio delle Iene, non andato in onda per questioni di par condicio, ha mostrato il presidente del Consiglio Matteo Renzi impegnato a fare promesse sull’aggiornamento del nomenclatore tariffario fin dal 2014. «Entro due mesi», ha detto nell’ottobre di quell’anno. Poi nel 2015 ha dato la colpa alle Regioni, che non si mettevano d’accordo. L’8 novembre di quest’anno ha poi detto che il giorno dopo, in Consiglio dei ministri, il nomenclatore sarebbe stato tra i punti all’ordine del giorno. Così non è stato, ma in realtà forse non era quella la sede in cui doveva passare, bensì lo erano le commissioni competenti di Camera e Senato. E in effetti il 15 novembre risulta essere stato discusso dalle commissioni un testo presentato dal governo, su cui dovrà essere emesso un parere entro un mese. Possiamo quindi ipotizzare che entro fine anno arriverà la firma sul decreto, e quindi l’entrata in vigore dovrebbe avvenire qualche mese prima che il nomenclatore tariffario arrivi alla maggiore età.

Rispetto al testo presentato alle commissioni, non sono mancate le critiche da parte delle associazioni che si occupano di disabilità: «Il sistema di organizzazione degli elenchi è rimasto praticamente uguale, dicono, con la suddivisione in “dispositivi su misura” e “dispositivi di serie”. Con questa suddivisione, però, una carrozzina elettronica con caratteristiche molto complesse sarà inserita per esempio nell’elenco dispositivi di serie pronti per l’uso, mentre le carrozzine superleggere o più semplici saranno collocate nell’elenco che richiede la messa in opera da parte di un tecnico abilitato». Si tratta di questioni di difficile comprensione per chi non ha familiarità con l’argomento, ma l’unanimità con cui sono state formulate le critiche fa pensare che il governo non abbia centrato il punto della questione.

Per quanto riguarda i nuovi Lea (attesi da 15 anni), dopo le perplessità già espresse mesi fa, Fish Onlus rincara la dose parlando di un testo «obsoleto, inadeguato, ampiamente irricevibile. […] Il Ministero della Salute ha di fatto rifiutato uno strutturato confronto con le associazioni delle persone con disabilità e di molte altre organizzazioni dell’impegno civile, di operatori e tecnici, perdendo un’occasione straordinaria di costruire una norma davvero efficace, moderna, condivisa. Ha invece concentrato l’attenzione al mantenimento di linguaggi e modelli vetusti e obsoleti, al contenimento dei costi in un’ottica meramente di cassa». In particolare, si critica al testo il fatto di non avere recepito i principi della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, che parla di inclusione sociale, e di portare invece avanti una logica di «compensazione della menomazione» attraverso ausili e protesi. Finita l’attesa, restano rabbia e frustrazione.

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