Da quando è iniziata l’invasione su larga scala da parte della Russia ai danni dell’Ucraina, molti studenti universitari e ricercatori russi hanno scelto, per diversi motivi, di lasciare il proprio paese per proseguire la propria carriera nelle università europee. Soprattutto all’inizio della guerra, nell’incertezza generale, diversi istituti hanno rifiutato le richieste di ammissione, motivando in maniera più o meno esplicita la decisione sulla base di quanto stava accadendo sul campo di battaglia.
Un articolo su Nature ha raccolto le testimonianze di diversi studenti e ricercatori, sottolineando come il problema sussista tuttora e su come questo sia concentrato in Europa, mentre non si riscontra negli Stati Uniti.
Due anni fa, spiega l’articolo, Alisa Iakupova ha scritto su Twitter/X che una sua amica era stata respinta dal Beatson Institute for Cancer Research di Glasgow, nel Regno Unito, perché russa. Il suo post, poi cancellato, divenne virale. All’epoca l’istituto, che ora si chiama Cancer Research UK Scotland Institute, dichiarò che c’era stato un malinteso iniziale e si scusò per il disagio causato. Offrì poi un posto alla studentessa respinta, che però rifiutò.
Da allora, lei e alcuni altri ricercatori russi in Europa gestiscono un gruppo di supporto informale su WhatsApp e Telegram, composto da circa 40 volontari, per aiutare i ricercatori russi a superare simili rifiuti accademici.
Anastasiia Budaeva, studentessa di dottorato, si è sentita rispondere così dall’università di Helsinki a marzo 2023: “Il suo CV è interessante nel contesto dei nostri progetti e, in circostanze diverse, potrei vederla sicuramente come un buon candidato per un dottorato all’interno del nostro gruppo. […] Tuttavia, temo che, a causa della brutale invasione e degli insensati bombardamenti e uccisioni effettuati dal governo del suo Paese, da volenterosi paesi e da criminali militari privati, questa non sarà un’opzione praticabile per lei, poiché attualmente non possiamo assumere cittadini russi ancora residenti in Russia, se non altro perché non sarebbe in grado di ottenere un visto per la Finlandia”. L’e-mail si conclude incoraggiandola “a ricontattarci quando la Russia lascerà l’Ucraina e la pace sarà ristabilita”.
La confusione sull’ammissione dei cittadini russi è stata chiarita nel frattempo all’università di Helsinki, ma non in tempo per Budaeva, che ora è dottoranda al Politecnico di Torino.
Una storia simile è stata quella di Tatiana (nome di fantasia), che nel 2023 stava studiando per un master in biologia molecolare e cellulare alla Vrije Universiteit di Bruxelles. Tatiana decise di fare domanda per uno stage presso l’Università Grenoble Alpes in Francia per rinforzare il suo CV in vista di un dottorato di ricerca. Ma il coordinatore del tirocinio, anch’egli cittadino russo, le disse che non poteva prenderla in considerazione a causa della guerra in Ucraina.
Per i russi che vivono ancora in Russia, trovare una posizione all’estero può essere più di una semplice mossa di carriera: è anche un modo per evitare di essere arruolati nella lotta contro l’Ucraina. “Ci sono due ragioni per cui ho pensato di partire”, ha spiegato (altro nome di fantasia), che tuttora si trova in Russia. “La prima era una questione di giustizia e di violazione dei diritti che vediamo qui con i nostri politici e con le persone normali. La seconda ragione era che c’è un’enorme migrazione di conoscenze e talenti dalla Russia verso altri Paesi e quindi è più difficile sviluppare qualcosa di importante a livello di ricerca qui”.
A marzo Dimitri ha ricevuto una lettera dal responsabile delle ammissioni del Politecnico di Zurigo in cui si diceva che l’università non avrebbe accettato la sua domanda, con una motivazione piuttosto esplicita. La lettera spiegava infatti che per l’università c’era il rischio che lui potesse tornare in Russia e finire per aiutare lo sforzo bellico russo con le conoscenze che avrebbe acquisito conseguendo un master presso l’istituto.
(Foto di Victoria Prymak su Unsplash)
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