Da alcuni anni la corsa (running) è un’attività molto popolare, per tenersi in forma e per alcuni anche come sport da praticare in maniera agonistica. Non è sempre stato così e, come quasi tutto, anche lo sport ha le sue mode e tendenze.
Su JSTOR Daily si parla degli esordi della corsa come sport professionistico, nel XIX secolo. All’epoca il running, come raccontato dalla bibliotecaria Lisa Lindell in un libro, era visto come una disciplina “truffaldina”. Il suo interesse gravitava infatti molto più sulle scommesse che sulle imprese atletiche dei suoi protagonisti. La vita del runner statunitense James “Cuckoo” Collins, molto celebre all’epoca, illustra bene il fenomeno.
«Le gare di corsa, camminata e salto, note come podismo, erano tra gli eventi sportivi più popolari», spiega Lindell. Ma come molti sport dell’epoca, anche il podismo si svolgeva all’insegna del gioco d’azzardo. Massimizzare le vincite, di cui avrebbe usufruito anche il corridore, implicava spesso un po’ di astuzia. I corridori tendevano a collaborare tra loro e con gli allenatori per truccare le gare, rendendo i risultati determinati da questioni finanziarie piuttosto che atletiche. I corridori americani «morirebbero di fame se fossero onesti», affermò una volta un velocista.
La carriera professionale di Collins cominciò quando iniziò ad allenarsi con John Kline, atleta e allenatore di fama internazionale. I clienti della palestra di Kline seguivano una dieta rigorosa e un «programma rigoroso che comprendeva corsa, lotta, sollevamento pesi e boxe». Collins si fece presto una certa reputazione per le sue capacità di scatto e iniziò a gareggiare a livello nazionale. Vinse competizioni in tutto il Paese, a volte sotto falso nome, una pratica comune tra i corridori dell’epoca, in quanto coloro che «erano noti per la loro rapidità o per la loro astuzia potevano abbassare le aspettative o sviare i sospetti».
Collins era noto per la sua astuzia: prendeva accordi per perdere le corse, assicurandosi che gli unici vincitori fossero coloro che scommettevano contro di lui. Si spinse anche nella direzione opposta, utilizzando un nome falso per partecipare alle corse, superando così i favoriti locali per la vittoria. Le buffonate di Collins finivano spesso sui giornali locali, spiega l’articolo su JSTOR, ma non era certo il solo. Le accuse di truffe erano così diffuse che un gruppo di velocisti creò la Professional Athletic Association of America nel 1888 per «portare un certo livello di organizzazione e rispettabilità al loro sport», scrive Lindell.
Collins continuò comunque a fare a modo suo. Ma una gara in particolare, contro un corridore che usava i trucchi di Collins contro di lui, cambiò tutto.
Nel 1893 un certo Patrick Dolan scommise su Collins in una gara di 100 iarde (circa 91 metri). Dolan puntò su una facile vittoria di Collins contro un corridore locale. La gara, però, non fu così facile, poiché si scoprì che il dilettante locale era in realtà «un noto corridore scozzese che agiva in incognito». Dolan perse i soldi e, sospettando che Collins avesse truccato la gara a suo sfavore, gli sparò.
Collins sopravvisse, la corsa professionale no. «All’inizio del XX secolo», scrive Lindell, «l’era della corsa professionistica era vista come un’epoca passata». La corsa amatoriale aveva preso il sopravvento, e guadagnare soldi per gareggiare era diventato un ricordo del passato, così come la popolarità dello sport. L’interesse del pubblico si spostò su «sport come il calcio e il ciclismo, e l’attenzione della corsa si spostò verso le università e i college e verso le competizioni internazionali».
Più ancora delle sue imprese, che hanno incluso rapine, truffe e persino un’evasione di prigione, la carriera di Collins è un esempio del percorso della corsa come sport, spiega Lindell. «Ne mette in luce sia le opportunità che gli eccessi e offre un quadro che permette di comprendere come questi elementi si siano intrecciati nel suo arco di vita».
(foto dalla Library of Congress)
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