Una delle cose che si sentono ripetere da quando è iniziata la campagna vaccinale è che “le persone vaccinate hanno la stessa probabilità di diffondere il coronavirus di quelle non vaccinate”. Ma è davvero così? Secondo Craig Spencer, che opera nei reparti di medicina d’urgenza a New York e ne ha scritto sull’Atlantic, questa convinzione è frutto di un equivoco.

Nel suo articolo ricostruisce come probabilmente si è diffusa questa credenza negli Stati Uniti, a causa di annunci avventati delle autorità pubbliche e di smentite fin troppo allarmistiche da parte di certa stampa.

L’equivoco, scrive Spencer, «Sta provocando un’inutile paura tra le persone vaccinate, mentre mina la comprensione del pubblico rispetto all’importanza e all’efficacia di vaccinarsi. Quindi lasciatemi chiarire una cosa: le persone vaccinate non hanno la stessa probabilità di diffondere il coronavirus dei non vaccinati. Anche negli Stati Uniti, dove più della metà della popolazione è completamente vaccinata, i non vaccinati sono responsabili della stragrande maggioranza della trasmissione».

A sostegno di questa dichiarazione così perentoria, Spencer porta un passaggio logico fondamentale: «Per diffondere il coronavirus, devi avere il coronavirus. E le persone vaccinate hanno molte meno probabilità di averlo. Punto».

Nonostante le preoccupazioni sul progressivo calo della copertura dalla malattia, i vaccini restano la migliore protezione contro l’infezione. E se non ci si infetta, appunto, non si può diffondere il virus. Ovviamente le possibilità di ammalarsi anche se completamente vaccinati non sono nulle. Ma oltre a essere molto più basse, sembra che la durata della contagiosità sia minore rispetto ai non vaccinati, e anche la quantità di virus trasportata potrebbe esserlo.

Vaccinare più persone è dunque fondamentale per limitare la diffusione del coronavirus: ogni persona vaccinata aiuta a limitare la capacità del virus di nascondersi, replicarsi e propagarsi.

Autostrade e matrimoni

Per aiutare a capire meglio la portata delle differenze, Spencer fa alcuni esempi molto chiari. Il primo ha a che fare con strade e autostrade. Tra i non vaccinati, il virus è libero di viaggiare su un’autostrada con diverse uscite, ingressi e stazioni di servizio. Nei vaccinati, esso si perde invece in un labirinto di vicoli ciechi, salvo rari casi in cui riesce a trovare la via di fuga. Ma nella maggior parte dei casi è fuori, e il suo viaggio finisce presto.

Il secondo esempio ha a che fare con i matrimoni e ipotizza due scenari, uno in cui gli invitati sono vaccinati, l’altro in cui non lo sono. Nel gruppo dei non vaccinati, la probabilità che almeno uno degli invitati abbia il COVID-19 è alta. Inoltre, tutti i presenti sono più vulnerabili e il virus probabilmente infetterà molte altre persone, data la maggiore trasmissibilità della variante Delta.

Al matrimonio con esclusivamente partecipanti vaccinati, la probabilità che qualcuno dei presenti abbia il COVID-19 è minuscola. E se anche qualcuno dei presenti fosse infetto, la probabilità che gli altri invitati contraggano il virus è altrettanto bassa, data la protezione garantita dal vaccino.

«Questo è il motivo per cui gli inviti alla vaccinazione sono importanti e spiega perché andare a eventi che escludono le persone non vaccinate è molto, molto più sicuro di quelli che sono aperti a tutti. I vaccini aiutano a proteggere chi si vaccina, ma se più persone si vaccinano aiutano a mettere al sicuro anche tutti gli altri (compresi i bambini e gli altri non idonei alla vaccinazione)».

Ovviamente, Spencer riconosce che i vaccini non sono perfetti, per quanto rappresentino attualmente la migliore forma di protezione. Anche i vaccinati in una certa misura possono ammalarsi e contagiare altre persone. Alcune di queste possono anche sviluppare sintomi gravi, nonostante i vaccini riducano drasticamente questa possibilità. Ecco perché le misure di precauzione che ancora si osservano, seppure progressivamente meno rigide, hanno senso.

«Come medico di medicina d’urgenza – conclude Spencer –, ho visto in prima persona il ruolo dei vaccini nel ridurre gli esiti gravi di un virus che aveva inondato il pronto soccorso in cui lavoro all’inizio della pandemia. E come membro di uno dei primi gruppi a ricevere il vaccino, questo mi ha tenuto al sicuro mentre curavo i pazienti, e mi ha evitato di portare il virus a casa alla mia famiglia».

(Foto di Waldemar Brandt su Unsplash)

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