Cosa succederebbe se la domanda di prodotti animali diminuisse molto e i terreni agricoli liberati venissero utilizzati per colture destinate all’energia rinnovabile e all’eliminazione della CO2? Secondo un gruppo di ricercatori che ne ha scritto su The Conversation, i benefici potenziali sono enormi.
Come sa chiunque ci abbia provato, al momento sostituire i prodotti di origine animale con surrogati vegetali significa spesso pagare di più per prodotti dal gusto non paragonabile. C’è chi lo fa comunque, ma si tratta di nicchie di consumatori preoccupati per la loro salute, l’ambiente o il benessere degli animali. In futuro però, un’esperienza sempre più simile a quella della carne “vera” potrebbe essere accessibile a un costo inferiore e quindi far diventare questa un’alternativa adottata su larga scala.
Tutto ciò, osservano i ricercatori, libererebbe enormi quantità di terra e di acqua, dal momento che non ci sarebbe più così tanto bisogno di campi pieni di animali destinati alla macellazione, o di coltivazioni per nutrirli. Nella ricerca, si stima che la completa sostituzione dei prodotti di origine animale libererebbe più del 60% dei terreni agricoli nel mondo. Altri ricercatori ritengono che si potrebbe arrivare al 75%. Certo una sostituzione completa resta improbabile, ma diversi studi suggeriscono che anche una riduzione compresa tra il 30 e il 70% dei consumi attuali permetterebbe di recuperare vaste aree agricole.
Cosa fare con tutta questa terra? Lasciarla semplicemente in pace potrebbe essere la soluzione più sensata in molti casi. In questo modo, potrebbe tornare gradualmente al suo stato naturale, immagazzinando CO2, regolando il clima e fornendo habitat agli animali selvatici.
Ma, spiegano i ricercatori, la si potrebbe anche usare per produrre energia e allo stesso tempo rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera, attraverso un processo noto come bioenergia con cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (Beccs), che genererebbe in molti casi una rimozione netta di CO2 dall’atmosfera.
Si tratta di un sistema che presenta diverse sfide e che attualmente non è adottato su larga scala. Uno dei problemi attuali è infatti proprio trovare ampie superfici da dedicare alla Beccs. Coltivare di più implicherebbe infatti convertire più foreste e altri ecosistemi in terreni agricoli.
Ma proprio l’abbandono dei prodotti di origine animale potrebbe aiutare a superare queste sfide e a liberare tutto il potenziale della Beccs. Utilizzando terreni agricoli non più necessari, si eviterebbe l’espansione dell’agricoltura o lo stress idrico, e permetterebbe di produrre cibo sufficiente per tutti.
Se il 50% dei prodotti animali venisse sostituito entro il 2050, stimano i ricercatori, si potrebbe liberare abbastanza terreno per generare con la Beccs tanta elettricità quanta ne produce oggi l’energia fossile (circa un terzo del totale a livello globale), eliminando quasi la stessa quantità di CO2 che il carbone emette attualmente.
Tutto questo sembra molto promettente, ma è bene sottolineare che, anche riducendo i consumi di carne, varie sfide tecniche, sociali e politiche potrebbero ancora ostacolare la strada verso la sostenibilità. Inoltre, non sappiamo ancora esattamente come evolverà l’adozione delle carni vegetali e coltivate (queste ultime preventivamente vietate in Italia) e quale sarà il loro impatto.
La buona notizia è che le alternative a base vegetale attualmente disponibili offrono già un potenziale più certo di liberazione di vasti terreni e di acqua nel breve periodo. Spetta alle nazioni e ai singoli individui sfruttarle al meglio.
(Foto di Sandy Millar su Unsplash)
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Quando è nata Avis Legnano i film erano muti, l’Italia era una monarchia e avere una radio voleva dire essere all’avanguardia. Da allora il mondo è cambiato, ma noi ci siamo sempre.