bill_gates
Bill Gates si rovescia una secchiata d’acqua gelida
Fonte foto.

Da qualche tempo, social network, telegiornali e siti d’informazione sono invasi da curiosi video in cui persone più o meno famose si rovesciano in testa una secchiata d’acqua gelata, sfidando poi altre persone a fare lo stesso. Si chiama “Ice bucket challenge”, ed è una trovata di grande successo per raccogliere fondi a favore della ricerca sulla Sla (Sclerosi laterale amiotrofica). Il gioco, nella sua concezione originaria, prevedeva che chi non se la fosse sentita di compiere l’insano gesto avrebbe dovuto versare un obolo a favore di una fondazione di beneficenza. Non si sa di preciso chi abbia avuto l’idea e quando, ma è certo che la “moda” sia scoppiata negli Stati Uniti tra il 2013 e il 2014, e abbia poi subito una sostanziale modifica nelle modalità di svolgimento. Man mano che raggiungeva personaggi quali Tim Cook, Bill Gates e Mark Zuckerberg, i protagonisti hanno cominciato a non vedere più il ghiaccio e la donazione come alternativi, facendo invece entrambe le cose: prima la secchiata, poi il gesto filantropico.

È così che in meno di un anno negli Stati Uniti sono stati raccolti circa 70 milioni di dollari a favore della ricerca sulla Sla, malattia verso la quale si era nel frattempo focalizzata la scelta dei donatori grazie all’impegno di alcuni personaggi dello sport. La cifra è in continuo aggiornamento, e quando andrà online questo articolo sarà già superata, visto che al momento i fondi raccolti aumentano all’impressionante ritmo di 9 milioni di dollari al giorno. In Italia, fino a qualche giorno fa sembrava aver ottenuto successo soprattutto la parte goliardica della sfida, quella della secchiata gelida, mentre i fondi stentavano a dare segni di crescita paragonabili a quelli statunitensi. È invece di domenica la notizia riportata dall’Ansa, secondo cui il totale raccolto è salito da un giorno all’altro (tra sabato 23 e domenica 24 agosto) di ben 60mila euro, passando da 40mila a 100mila. Sembra insomma che si sia innescato il circolo virtuoso che potrebbe far entrare anche il nostro Paese nel novero dei principali contributori alla ricerca contro questa terribile sindrome.

Pazienza se siamo costretti a sorbirci le performance di tanti personaggi non particolarmente “simpatici” del mondo dello spettacolo, dello sport, della politica e dell’economia, elevati per un attimo a “capitani coraggiosi” a sostegno della ricerca. Anzi, vederli intirizzire sotto la doccia gelata può essere una piccola (sadica) soddisfazione per qualcuno. Pazienza anche se in questo modo si nutre ulteriormente la già evidente voglia di mettersi in mostra e conquistare audience da parte di cantanti, sportivi, politici ecc. La causa a cui stanno contribuendo è più grande del loro ego o del nostro fastidio verso di esso. La Sla è infatti una sindrome terribile, quasi impossibile da curare visto che non si sviluppa a causa di un singolo fattore, ma di una molteplicità di cause ancora non chiaramente individuate. Il primo obiettivo è quindi trattare la malattia, ossia attenuarne i sintomi e controllarne il decorso in modo da garantire un’esistenza dignitosa a chi ne viene colpito.

Per farsi un’idea di cosa voglia dire avere la Sla, vi invitiamo a leggere la serie di “esperienze empatiche” riportata in fondo a questo articolo. Ci limitiamo qui a pubblicarne un paio: «1) Prendete un peso da quattro chili. Ora immaginate di usarlo come forchetta, e cercate di spostarlo ripetutamente dal piatto fino alla vostra bocca senza che vi tremi il braccio. 2) Sedetevi su una sedia per 15 minuti impegnandovi a muovere solo gli occhi. Null’altro. Non potete parlare, grattarvi il naso, spostare il peso del corpo, cambiare il canale della televisione, lavorare al computer. Potete muovere solo i vostri occhi. Mentre siete lì seduti, pensate: questa, per me, è la vita. La mia unica vita».