«Il paranoico è convinto che ogni male vada attribuito agli altri, è incapace di sguardo interiore, non può/non vuole guardare dentro di sé e quindi individua negli altri (ebrei, borghesi, indigeni, asiatici…) il male; e da loro si deve difendere, possibilmente attaccandoli violentemente per una maggiore efficacia difensiva». La definizione arriva da un articolo di una rivista di ambito psicologico, e ci permette di continuare il nostro percorso nel concetto di rappresentatività, in particolare concentrandoci sulla figura del leader. E quando in un leader si ritrovano le caratteristiche che compongono l’identikit del paranoico, c’è da starne alla larga, e aspettare il momento opportuno affinché si possa metterlo da parte.

Continuando a leggere l’articolo di cui sopra (scritto da Daniele Burani, in cui recensisce il libro dello psicanalista Luigi Zoja intitolato Paranoia. La follia che fa la storia), si trovano elencate le caratteristiche che identificano chi è affetto da disturbo paranoico (se ne riscontrate almeno quattro in una stessa persona, potete azzardare che la diagnosi sia positiva): «1. Si aspetta, senza motivi sufficienti, di essere sfruttato o danneggiato dagli altri; 2. dubita, senza giustificazione, della lealtà o della fiducia di amici e colleghi; 3. è riluttante a confidarsi con gli altri nel timore ingiustificato che le informazioni possano essere usate contro di lui; 4. sospetta comportamenti oscuri e significati minacciosi in osservazioni o eventi benevoli; 5. porta sempre rancore e non perdona insulti, offese o affronti; 6. percepisce degli attacchi, incomprensibili agli altri, nei confronti del suo carattere e della sua reputazione e reagisce prontamente con rabbia contrattaccando; 7. dubita frequentemente, senza giustificazione, della fedeltà del coniuge o del partner».

Un’altra caratteristica costante è la mania di grandezza: «Poiché il paranoico ritiene che sempre più numerose sono le persone che si accorgono del suo grande valore, esse per gelosia si coalizzano – secondo lui – per impedire che i suoi meriti siano riconosciuti. Megalomania e invidia vengono poi attribuite ai rivali, ma in realtà appartengono al soggetto». Tutto ruota attorno a un equilibrio impossibile tra i processi psicologici interni al soggetto e gli accadimenti esterni che, spesso ingiustificatamente, sono utilizzati per confermare sospetti, teorie, complotti.

Quando dinamiche del genere riguardano persone con un ruolo di rappresentanza, che agiscono sulla base di un mandato di fiducia attribuito democraticamente, le distorsioni nell’interpretazione di tale ruolo sono altamente probabili. «Nella mente del paranoico l’attacco preventivo è la tattica che permetterà di cogliere l’avversario impreparato, ma contemporaneamente è anche giustizia anticipata». Interessante il punto di vista di Zoja, che ritiene che sia stato sottovalutato dai suoi colleghi il potenziale distruttivo del leader paranoico. Se infatti per molti disturbi della personalità si può dire che la vittima principale sia il soggetto stesso che ne soffre, nel caso in questione il suo essere in un ruolo centrale all’interno di processi politici e decisionali rende il soggetto un grande pericolo per il sistema che gli sta intorno. Il paranoico non sta semplicemente nella storia, ma arriva a dire «la storia sono io». Ed ecco spiegato come mai spesso il leader che risponde all’identikit paranoico si scaglia contro tutto ciò che è “nuovo”.

A causa della mente offuscata dall’idea che dall’esterno possano venire solo trappole e inganni, l’istinto è alla conservazione del proprio potere, a qualunque costo, bypassando in maniera più o meno esplicita le regole dell’alternanza previste da qualunque forma di organizzazione. «La paranoia collettiva è un ciottolo posto in cima a una ripida pietraia – scrive Zoja –: se gli si dà un calcio ci sono buone probabilità di mettere in moto una frana. In un certo senso, il leader paranoico trasferisce l’intera popolazione sul piano inclinato. Detto altrimenti, la paranoia è l’unico disturbo mentale dotato di autotrofia, cioè di forza autonoma di moltiplicazione e di contagio. Solo la paranoia ha con la storia un rapporto circolare. Essa è causa e insieme conseguenza di eventi di massa. È l’unica malattia capace di fare la storia». Uno dei comportamenti tipici del paranoico consiste nel vedere nemici ovunque, anche all’interno della propria organizzazione. Anche le persone che si sono dimostrate più leali e coerenti, con cui si è collaborato fino al giorno prima, da un momento all’altro possono essere viste come orditori di un complotto. Il rischio è appunto quello del contagio, di replicare attorno a sé una collettività e una società di paranoici, attratti dalla retorica del capo che dà loro facili bersagli contro cui scagliarsi.

Resta solo un antidoto in grado di contrastare tale pericolosa deriva, che tutto trascina, ed è la solidità e unitarietà della base. Ogni organizzazione dotata di fondamenta ben piantate è in grado di individuare il problema prima che questo si diffonda e ne metta a rischio la sopravvivenza stessa. La storia, quando è il momento, fagocita gli pseudo-leader e li giudica alla luce delle loro azioni.

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