Con quale spirito affrontare questo inizio d’anno? Istintivamente, che si sia credenti o meno, viene da rivolgere lo sguardo all’insù, in cerca di risposte. Ma si rischia di incontrare quello dei tre lavoratori della Wagon-lits, Carmine Rotatore, Oliviero Cassini e Beppe Gison, che dal 9 dicembre 2011 esprimono dall’alto di un torrefaro accanto al binario 21 della Stazione centrale di Milano la propria protesta per il licenziamento (loro e di altri 150 impiegati in Lombardia), avvenuto alla fine dello scorso anno a causa della riorganizzazione del servizio notturno di Trenitalia.
L’arrivo del 2012 l’hanno visto dall’alto. Soli, al freddo, ma scaldati dal presidio che si è formato al di sotto della torre, fatto da ex-colleghi che provvedono all’approvvigionamento dei manifestanti. Nel 2011 tanti, troppi spazi sospesi si sono trasformati da strumento di costruzione (le gru), o reliquia di un passato industriale (le torri delle vecchie fabbriche), a luogo di protesta per la sospensione di un diritto. Di volta in volta, quello al lavoro, alla casa, a una burocrazia dai tempi normali.
Da sempre l’uomo ha avuto un debole per l’elevazione architettonica come specchio di quella spirituale. Torri, piramidi, basiliche, grattacieli. Tutte maniere diverse -laiche, religiose o pagane- di elevarsi dal piano concreto, quotidiano, orizzontale, e raggiungere l’assoluto. Oggi ci si eleva per parlare agli uomini. Per catturare un minuto d’attenzione nel ronzio mediatico che parla senza informare, che documenta il fallimento di ciò che non ha saputo leggere tra le righe dell’attualità. Anche il 2010 si chiudeva con gli occhi puntati in su. Allora erano però gli studenti a protestare, salendo sui tetti dei palazzi per protestare contro la riforma dell’istruzione in corso di approvazione.
Ci auguriamo che l’anno appena iniziato possa farci tornare a una dimensione più ordinaria, più normale. Se è vero, come diceva Mario Monicelli, che «la speranza è una truffa, una trappola. È una parola che non va mai pronunciata. La speranza è dei potenti per tenere a bada i subalterni», allora puntiamo su un’altra parola: fiducia.
Probabilmente il 2011 sarà ricordato come l’anno dell’indignazione. Che è sempre meglio di rassegnazione, depressione, genuflessione. Ma è il momento di fare un ulteriore passo, come cittadini italiani, europei, o del mondo, per dirla con gli illuministi. Le proteste di piazza dei mesi scorsi hanno dimostrato che in molte persone c’è la volontà di cambiare lo status quo. E se abbiamo superato la convinzione dell’ineluttabilità del destino, è il momento di far vedere qual è la nostra idea di futuro. Ciascuno nel proprio ambito. Familiare, associazionistico, lavorativo, politico, relazionale, ecc. Sì, oggi è questa la parola rivoluzionaria: fiducia.