Gli articoli scientifici ritirati nel 2023 sono stati oltre 10 mila, quasi il doppio dell’anno precedente. Si tratta di un numero record, secondo una ricerca pubblicata su Nature lo scorso 12 dicembre (i numeri sono aggiornati all’8 dicembre 2023). Secondo l’analisi, a registrare i tassi di ritrattazione più alti negli ultimi vent’anni sono stati Arabia Saudita, Pakistan, Russia e Cina.
La ricerca ha considerato la provenienza degli studi in base alle affiliazioni degli autori, e non del paese di pubblicazione delle riviste. Da questo punto di vista, infatti, a spiccare è l’editore inglese Wiley, che con il suo marchio Hindawi ha ritirato più di 8.000 articoli, citando fattori quali “preoccupazioni che il processo di revisione paritaria (peer review) sia stato compromesso” e “manipolazione sistematica del processo di pubblicazione e di revisione paritaria”, dopo le indagini condotte dai redattori interni e dai ricercatori.
Le ritrattazioni stanno aumentando a un ritmo superiore alla crescita degli articoli scientifici, spiega Nature, e il dilagare dello scorso anno significa che il numero totale di ritrattazioni registrate finora ha superato le 50.000 unità. È bene specificare che, sebbene le analisi precedenti abbiano dimostrato che la maggior parte delle ritrattazioni è dovuta a una cattiva condotta da parte dei ricercatori o dei revisori, in alcuni casi esse sono dovute alla scoperta di errori fatti in buona fede dai ricercatori.
Per analizzare le tendenze, Nature ha combinato le circa 45 mila ritrattazioni contenute nel dataset di Retraction Watch – la principale organizzazione che si occupa di raccogliere questi dati – con altre 5 mila ritrattazioni di Hindawi e altri editori, con l’aiuto del database Dimensions.
L’analisi di Nature mostra che il tasso di ritrattazione – la percentuale di articoli pubblicati in un determinato anno che vengono poi ritirati – è più che triplicato nell’ultimo decennio. Nel 2022 ha superato lo 0,2%.
Tra i Paesi che hanno pubblicato più di 100 mila articoli negli ultimi due decenni, l’analisi di Nature mostra che l’Arabia Saudita ha il più alto tasso di ritrattazioni, pari a 30 ogni 10 mila articoli, escludendo le ritrattazioni basate su documenti di conferenze. Se si includono questi ultimi, le ritrattazioni dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE) di New York mettono la Cina in testa, con un tasso di ritrattazione superiore a 30 su 10.000 articoli.
Gli articoli di conferenze rappresentano la maggior parte di quelli ritrattati, a dimostrazione del fatto che spesso questi eventi sono organizzati per aiutare i ricercatori (che talvolta cadono in buona fede in queste truffe) ad aumentare il loro numero di pubblicazioni, senza costituire realmente un’occasione di scambio e produzione di conoscenza.
Le circa 50.000 ritrattazioni registrate in tutto il mondo sono solo la punta dell’iceberg dei lavori che dovrebbero essere ritrattati, dicono gli esperti che si occupano di integrità della ricerca. Si stima infatti che il numero di articoli prodotti dalle “fabbriche di testi” – aziende che realizzano lavori fasulli per conto di scienziati, ne avevamo parlato qui – sia di centinaia di migliaia. I prodotti delle fabbriche di testi sono un problema anche se nessuno li legge, conclude Nature, perché vengono aggregati ad altri in articoli di revisione e riciclati nella letteratura tradizionale.
(Foto di ThisisEngineering RAEng su Unsplash)
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