L’Istat ha pubblicato la decima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) in Italia, che analizza 152 indicatori di benessere divisi in 11 categorie. Il rapporto esamina gli andamenti degli indicatori rispetto al periodo pre-pandemico ed evidenzia miglioramenti in oltre la metà dei casi, soprattutto nel campo della sicurezza, della qualità dei servizi e sul tema della conciliazione tra lavoro e vita privata.

Tuttavia, si registra un peggioramento per quanto riguarda la maggior parte degli indicatori che riguardano le relazioni sociali, il benessere soggettivo, istruzione e formazione e il benessere economico. L’Italia risulta più indietro rispetto alla media dei paesi dell’UE in diversi indicatori, ma si distingue per essere ai vertici della graduatoria dei paesi europei rispetto al tasso di omicidi, mentre la speranza di vita alla nascita è superiore alla media dell’UE.

Uno dei dati più preoccupanti riguarda i NEET, ossia i giovani che non studiano né lavorano. Va detto però che, per quanto alte, le percentuali sono in calo rispetto agli anni precedenti. «Tra questi – scrive l’Istat in una nota riportata da Redattore Sociale – la quota di giovani di 15-29 anni […] in Italia raggiunge il 19% rispetto all’11,7% della media Ue27, e la quota di persone di 30-34 anni che hanno completato un’istruzione terziaria [si situa al] 27,4% in Italia [contro] il 42,8% in media Ue27. Per il lavoro, il tasso di occupazione italiano nel 2022 è di circa 10 punti percentuali più basso rispetto a quello medio europeo (74,7%), con una distanza particolarmente accentuata tra le donne (55,0% in Italia rispetto a 69,4% per la media Ue27)».

Il Rapporto mostra come gli effetti della pandemia sulla salute della popolazione si facciano sentire, anche a lungo termine. «L’eccesso di mortalità connesso alla diffusione della pandemia ha comportato nel 2020 una riduzione della speranza di vita alla nascita di oltre un anno di vita (82,1 anni rispetto agli 83,2 del 2019) – sintetizza Redattore Sociale –, solo parzialmente recuperata nel 2021 (82,5 anni) e nel 2022 (82,6). Nel 2022, il gap di genere ritorna al livello pre-pandemico (4,3 anni), dopo aver subito un ampliamento nei due anni precedenti».

L’indice di salute mentale registra un leggero miglioramento sul totale della popolazione, ma è invece peggiorato per quanto riguarda i giovani, soprattutto le ragazze, sia nella fascia 14-19 anni che nella fascia 20-24 anni.

Paradossalmente, i livelli di sedentarietà erano migliorati durante la pandemia, mentre ora sono tornati ai livelli del 2018 e 2019. È possibile che durante i lockdown si sia sperimentata una maggiore necessità di fare attività fisica, favorita dall’incremento del tempo libero a disposizione, e che poi questa sia progressivamente “rientrata”, fino a tornare ai livelli precedenti. «Nel 2022, è pari al 36,3% la quota di persone sedentarie, che dichiarano cioè di non svolgere né sport né attività fisica nel tempo libero. L’indicatore mostra un significativo peggioramento rispetto al 2021 (quando era pari al 32,5%) e si riallinea, invece, ai livelli registrati nel biennio pre-pandemico 2018-2019».

Nel 2022, la percentuale di popolazione che consuma almeno quattro porzioni di frutta e/o verdura al giorno è diminuita rispetto agli anni precedenti, attestandosi al 16,8%. Al contrario, la percentuale di fumatori di 14 anni e più è aumentata rispetto al 2019, arrivando al 20,2%. Questa abitudine è più diffusa tra gli uomini rispetto alle donne, ma nel corso degli anni la distanza si è ridotta. Tuttavia, nel 2022, l’aumento dei fumatori riguarda principalmente gli uomini, ampliando quindi il divario di genere. Il consumo a rischio di bevande alcoliche è stato osservato nel 15,5% della popolazione sopra i 14 anni nel 2022, tornando ai livelli del 2019. L’aumento della percentuale di consumatori a rischio è stato principalmente dovuto all’aumento dell’abitudine al binge drinking, che è cresciuto soprattutto tra i ragazzi e gli adulti di 14-44 anni.

La percentuale di persone che dichiara di fare volontariato è aumentata rispetto all’anno precedente e si attesta all’8,3% nel 2022 (+1 punto percentuale). Tuttavia, non si è ancora tornati ai livelli pre-pandemici del 2019 (9,8%). Non ci sono differenze di genere per quanto riguarda il coinvolgimento nell’attività di volontariato, ma l’età sembra giocare un ruolo: i livelli più alti si riscontrano tra i giovani di 20-24 anni e nella fascia d’età tra i 35 e i 74 anni (tra l’8% e il 9%), mentre tra la popolazione di 75 anni e più si registra il livello più basso (5,2%).

(Foto di D Jonez su Unsplash)

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