Di fronte a casi giudiziari particolarmente sanguinosi e drammatici, viene a galla tutto il gusto per il macabro del giornalismo italiano. L’asciuttezza nello stile e l’accurata scelta delle informazioni da diffondere non è propria dello stile delle testate italiane che, intrappolate nella logica per cui «tanto se non lo diciamo noi lo fa qualcun altro», diffondono elementi di indagini e processi ancora in corso su persone che, secondo la Costituzione, sono ancora innocenti, finché un giudice non stabilisce il contrario. Sia chiaro, non si vuole qui difendere né condannare l’uomo fermato come probabile assassino di Yara Gambirasio. Oggetto di questo articolo è il diritto a un’informazione di qualità per i cittadini, così come il diritto alla privacy per le persone in qualche modo legate al presunto omicida, che involontariamente si trovano toccate da una vicenda di cronaca nera di cui magari avevano sentito parlare solo dalla stampa, come chiunque altro. Una loro eccessiva esposizione, inoltre, potrebbe influenzare le indagini e allontanare gli inquirenti da indizi riguardanti ulteriori possibili complici.
Riportiamo qui di seguito la riflessione pubblicata martedì 17 giugno su Facebook dal presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino: «Davvero aggiunge qualcosa alla notizia [dell’arresto del presunto assassino] l’indicazione dell’indirizzo della casa dove abitava con moglie e figli? Cos’è, completezza dell’informazione? Ma si parla di una indagine per omicidio o di una ricerca immobiliare sulle abitazioni prossimamente in vendita. O, ancora, di una ricerca demografica? Quando a Brindisi, il 19 maggio di due anni fa, un folle uccise Melissa Bassi, ferendo molte sue compagne di scuola, qualcuno fece la bravata di riprendere e indicare la casa del “mostro”, fornendone anche il nome. In quella casa viveva un uomo che, per sua fortuna, ebbe la possibilità di dimostrare che era a decine e decine di chilometri di distanza da quella piazza sporcata da sangue innocente. Se la cavò e il responsabile venne, poi, arrestato e confessò. Non voglio fare confronti e gli innocentisti a prescindere (dalle indagini) mi irritano un po’. Ma in quella casa vivono anche una donna, la moglie, e tre minori: tutti innocenti o, più esattamente, vittime di questa tragedia cominciata con l’assassinio di Yara. Dovremmo tenerlo a mente».
In un successivo post, Iacopino annuncia provvedimenti da parte degli ordini regionali contro i giornalisti che abbiano violato le regole della deontologia professionale. Ma è tutto il sistema giornalistico a essere vittima del suo stesso avvitamento su una logica per cui bisogna “dare al pubblico ciò che vuole”. Così però si formerà (si è già formato) un pubblico che recepisce solo quel tipo di informazione, infarcita di particolari macabri, di retorica letteraria da romanzetto. Ormai è così, ed è difficile immaginare un modo diverso di fare informazione. Interessante in questo senso riprendere un articolo di Francesco Costa, pubblicato sul suo blog qualche mese fa, in cui durante un viaggio in Inghilterra il giornalista si è trovato a leggere una copia del Guardian, soffermandosi su un episodio di cronaca nera: «C’è stato un brutto caso di cronaca, poco fuori Londra. Hanno trovato tre bambini disabili morti nella villa di lusso dove abitavano con la madre, casalinga di 42 anni, mentre il padre – agente di borsa – era in visita da alcuni parenti all’estero insieme alla figlia grande. La mamma era a casa coi bambini ed è stata arrestata, non ci sono altri sospettati». A questo proposito, il giornale inglese scrive semplicemente: «Una donna di 42 anni è stata fermata perché sospettata di omicidio, dopo che tre bambini sono stati trovati morti in un’abitazione. I corpi sono stati trovati in una camera da letto di una grande proprietà a New Malden, sud ovest di Londra, dove abitano Gary Clarence, finanziere della City, sua moglie Tania, e i loro quattro figli. Siccome la polizia ha detto solo che “una donna” è stata arrestata, senza diffondere le generalità, il Guardian non dice direttamente che la donna arrestata è la madre dei bambini; scrive solo quello che sa, e non le deduzioni». In Italia no, in Italia è il ministro dell’Interno in persona a fare annunci su Twitter, provocando la reazione del procuratore di Bergamo Francesco Dettori, che avrebbe voluto «il massimo riserbo». Troppo tardi, il nome del probabile assassino, e i dettagli sui suoi congiunti, sono già nell’efficientissimo “circo mediatico”, pronti a soddisfare la curiosità degli spettatori.