Mascherine, imballaggi e altri dispositivi monouso che si stanno utilizzando in modo massiccio per affrontare la pandemia hanno un impatto ambientale molto alto. Un articolo sul tema da Scienza in Rete.
“Protection vs pollution” è il titolo di una delle immagini scientifiche più belle del 2020, secondo il team artistico della rivista Nature. La foto è stata scattata dal fotografo Mohd Rasfan in Malesia e ritrae due scimmiette che tengono tra le mani una mascherina chirurgica. I dispositivi di protezione sono diventati parte integrante delle nostre abitudini durante la pandemia di Covid-19 ma, allo stesso tempo, hanno riacceso la sfida con un nemico con cui da poco avevamo iniziato le trattative: la plastica.
La vita moderna sarebbe impensabile senza plastica. L’emergenza sanitaria ha confermato una delle ragioni del suo successo: l’utilità nella tutela della nostra salute e della nostra sicurezza, oggi più ancora che in passato. Del resto, secondo un articolo del New York Times del 23 marzo, già allora in Cina venivano prodotti 116 milioni di mascherine al giorno. Quello delle mascherine rappresenta solo la punta dell’iceberg di un problema ben più grande, il ritorno della plastica monouso: guanti, salviette detergenti, protezioni per i piedi, cuffie, rivestimenti per sedie, kit di abbigliamento per medici e operatori sanitari. Se da un lato siamo di fronte a un’inedita attenzione per l’igiene, Covid-19 porta con sé una serie di effetti collaterali legati all’ambiente. La pandemia, e soprattutto la quarantena, hanno stimolato l’aumento degli acquisti online e con esso gli imballaggi plastici dei prodotti. Le richieste di servizi di consegna di cibo, per esempio, sono aumentate in media del 56%, a seconda dell’azienda: l’assenza di imballaggi protettivi avrebbe potuto diminuire la fiducia delle persone nella sicurezza del proprio pasto.
Ciò che si è dimostrato vantaggioso, e necessario, per la salvaguardia della nostra salute – non solo fisica – ha avuto però un caro prezzo. E a pagarlo è stato l’ambiente. L’estate scorsa, sulla rivista Science of the Total Environment, sono stati pubblicati due studi che hanno fornito una panoramica delle politiche in atto contro l’inquinamento causato dalla plastica e dei loro riaggiustamenti durante l’emergenza sanitaria. La sconfitta maggiore, si evince, è che le misure preventive hanno messo un freno ai recenti progressi fatti in materia di sostenibilità e gestione dei rifiuti. Per paura di diffondere il virus, in molti casi, si è fatto insomma un passo indietro: alcuni Paesi hanno ritirato i divieti di utilizzo della plastica monouso e ristretto l’uso di articoli riutilizzabili. Solo nel 2018, infatti, l’Unione europea aveva messo al bando i dieci prodotti di plastica monouso più diffusi entro il 2021. L’anno successivo il Canada aveva lanciato un’iniziativa simile nel tentativo di ridurre i rifiuti oceanici. Sempre nel 2019 il Ministro dell’Ambiente del Perù aveva vietato l’accesso alle 76 aree naturali e culturali protette ai visitatori in possesso di oggetti in plastica monouso.
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(Foto di Christian Lue su Unsplash)
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