Il nuovo report della Fondazione GIMBE, pubblicato pochi giorni fa, offre una valutazione preoccupante del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano. Il rapporto, redatto in maniera indipendente, traccia un quadro preoccupante di un sistema alle prese con un finanziamento insufficiente, forti disparità regionali e una crescente crisi del personale.

Uno dei dati più allarmanti è il persistente deficit della spesa sanitaria pubblica. Sebbene il Fondo Sanitario Nazionale (FSN) abbia registrato aumenti incrementali, questi rimangono inadeguati per far fronte alle crescenti richieste del sistema. Il rapporto rivela che l’aumento del FSN per il 2022 ammonta a 2.152 milioni di euro, per il 2023 a 2.519 milioni di euro e per il 2024 a 2.647 milioni di euro. Queste cifre sottolineano la necessità di un impegno più sostanziale e sostenuto per il finanziamento della sanità pubblica.

Ad aggravare la situazione è il ritardo nell’attuazione dell’aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), i servizi sanitari essenziali garantiti a tutti i cittadini. Nonostante l’approvazione di 29 delle 83 nuove richieste di LEA, gli ostacoli burocratici e i vincoli di finanziamento ne hanno ostacolato la piena attuazione, lasciando molti nel limbo dell’accesso alle cure vitali. Questo ritardo ha avuto un impatto particolare sui servizi specialistici ambulatoriali e protesici, che rimangono accessibili solo nelle regioni che non rientrano nel Piano di rientro, facendo affidamento su fondi extra-LEA.

Il rapporto evidenzia anche le forti disuguaglianze regionali che affliggono il SSN. Le regioni meridionali sono costantemente in ritardo rispetto alle loro controparti settentrionali nel soddisfare i requisiti LEA, con conseguente flusso significativo di pazienti che cercano cure migliori al Nord. Il numero medio di personale sanitario dipendente per 1.000 abitanti in Italia è di 5,13, ma varia da 3,83 in Campania a 7,01 in Liguria, evidenziando le notevoli disparità regionali. Inoltre, il rapporto avverte che la proposta di legge sull’autonomia regionale potrebbe esacerbare ulteriormente questo divario, concedendo alle regioni un maggiore controllo sulla spesa sanitaria. Ciò potrebbe potenzialmente portare a un sistema sanitario a due livelli, con le regioni più ricche in grado di fornire un’assistenza superiore, lasciando quelle del Sud sempre più svantaggiate.

A queste preoccupazioni si aggiunge la crescente carenza di professionisti della sanità, in particolare di medici di base e infermieri. Nonostante l’aumento del numero di laureati in medicina, attrarre e mantenere personale qualificato rimane una sfida significativa, soprattutto nelle aree poco servite. Il rapporto attribuisce questa carenza a fattori quali l’invecchiamento della forza lavoro, l’inadeguata capacità di formazione e l’emigrazione di operatori sanitari in cerca di migliori condizioni di lavoro e retribuzione all’estero. Ad esempio, lo stipendio medio annuo di un infermiere ospedaliero in Italia, a parità di potere d’acquisto, è di 48.931 dollari, nettamente inferiore alla media OCSE di 58.394 dollari.

Il rapporto stima che l’Italia abbia bisogno di altri 4.400 medici di base per garantire una copertura adeguata alla popolazione. La situazione dei pediatri è altrettanto disastrosa, con una carenza stimata di 1.000 pediatri in tutto il Paese. Questa carenza è particolarmente preoccupante se si considera il previsto aumento della popolazione anziana, che richiederà un’assistenza più complessa e a lungo termine.

Pur riconoscendo il potenziale del National Recovery and Resilience Plan (PNRR) per iniettare le risorse tanto necessarie nel sistema sanitario, il rapporto sottolinea che gli investimenti finanziari da soli non bastano. Chiede riforme strutturali per affrontare le cause alla radice della crisi, tra cui affrontare le disuguaglianze regionali e attuare politiche per attrarre e trattenere i professionisti della sanità. Il rapporto sottolinea che se non si affrontano queste questioni fondamentali si perderà l’opportunità di rivitalizzare il SSN, lasciando le generazioni future gravate dal debito per un sistema che rimane inadeguato a soddisfare le loro esigenze.

Il Rapporto GIMBE si conclude con un severo monito: il Servizio Sanitario Nazionale italiano è a un bivio. Esorta i politici, gli operatori sanitari e i cittadini a riconoscere la gravità della situazione e a lavorare insieme per garantire la sostenibilità a lungo termine di questo pilastro vitale della società italiana. Preservare il SSN e garantire a tutti un accesso equo a un’assistenza sanitaria di qualità richiede un impegno collettivo per affrontare le sfide del sottofinanziamento, delle disparità regionali e della carenza di personale. Se non si agisce con decisione ora, si rischia di mettere a repentaglio la salute e il benessere delle generazioni future.

(Foto di Hush Naidoo Jade Photography su Unsplash)

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