Il rapporto annuale Istat sulla situazione del Paese contiene importanti indicazioni che confermano quanto in molti ipotizzavano: il COVID-19 ha colpito soprattutto le persone già in difficoltà, perché in condizioni sociali svantaggiate. Il dato su cui si basa l’assunto è quello sulla mortalità totale nelle zone più colpite dal coronavirus, dove si è registrato un maggiore incremento dei decessi proprio per quanto riguarda queste categorie di persone. Le fasce di popolazione che già sperimentavano tassi di mortalità più elevati degli altri hanno dunque subito un incremento ancora maggiore durante la fase più acuta della pandemia. «Uno scarso livello di istruzione, poverta?, disoccupazione e lavori precari influiscono negativamente sulla salute – spiega l’Istat – e sono correlati al rischio di insorgenza di molte malattie (ad es. quelle cardiovascolari, il diabete, le malattie croniche delle basse vie respiratorie e alcuni tumori), che potrebbero aumentare il rischio di contrarre il COVID-19 e il relativo rischio di morte».

Come si vede nel grafico qui sopra, la maggiore variazione riguarda solo le zone ad alta diffusione dell’epidemia, mentre quelle a media/bassa diffusione hanno mantenuto livelli più o meno costanti rispetto ai periodi precedenti (e tra diverse fasce di popolazione). «Le persone con un basso livello di istruzione presentano un livello di mortalita? sempre piu? elevato (Figura 2.7). Il rapporto standardizzato di mortalita? (RM), che misura l’eccesso di morte dei meno istruiti rispetto ai piu? istruiti, e? intorno a 1,3 per gli uomini e a 1,2 per le donne e non si osservano oscillazioni di rilevo nei diversi mesi, a indicare che le diseguaglianze sociali nella mortalita? rimangono pressoche? invariate. Il mese di marzo 2020 costituisce una eccezione, sia per il repentino aumento dei tassi di mortalita?, sia per un incremento del differenziale dovuto alle diseguaglianze sociali nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia, piu? marcato per le donne: il RM varia negli uomini da 1,23 di marzo 2019 al 1,38 di marzo 2020 e nelle donne da 1,08 a 1,36». L’analisi per classi di età riflette queste tendenze, salvo che per la popolazione più anziana (oltre gli 80 anni), in cui non si osservano differenze significative.

Più colpite le donne

Un’attenzione particolare va rivolta alle donne in età lavorativa (35-64 anni) con un livello di istruzione più basso, che hanno visto un aumento dell’RM del 28 per cento. «Condizioni socioeconomiche svantaggiate espongono le persone ad una maggiore probabilita? di vivere in alloggi piccoli o sovraffollati – osserva l’Istat –, riducendo la possibilita? di adottare le misure di distanziamento sociale. Inoltre, alcune occupazioni piu? di altre espongono i lavoratori al rischio di contagio. Tra queste ci sono ovviamente le professioni sanitarie, ma anche occupazioni che non offrono opportunita? di lavoro da casa o che non godono delle necessarie tutele, come i lavori in agricoltura, nella vendita al dettaglio e nella grande distribuzione, nel trasporto pubblico, i servizi di pulizia, di assistenza e cura dei bambini e degli anziani». Un ulteriore fattore di indebolimento potrebbe riguardare situazioni psicologiche difficili preesistenti all’arrivo della pandemia, che si sono poi acuite. «E? noto come le condizioni di stress possano indebolire il sistema immunitario, aumentare la suscettibilita? a malattie e la probabilita? di adottare comportamenti a rischio per la salute. La poverta?, pertanto, non solo puo? aumentare l’esposizione al virus, ma anche ridurre la capacita? del sistema immunitario di combatterlo. Infine, la maggiore prevalenza di malattie croniche, tra cui le malattie cardiovascolari, l’obesita? e il diabete nella popolazione con condizioni socioeconomiche piu? svantaggiate ha probabilmente contribuito ad ampliare le diseguaglianze legate all’infezione da COVID-19».

La pandemia regione per regione

Questa analisi mette in luce quanto le conseguenze di uno stesso fenomeno possano essere diverse a seconda di quanto si sia preparati ad affrontarlo, instaurando o acuendo un privilegio a favore di alcune categorie sociali. Ma rende evidente anche un’altra cosa, e cioè il fatto che quella di COVID-19 è un’epidemia che ha colpito su base regionale, più che nazionale. Come ha evidenziato una ricerca dello European Data Journalism Network, la maggioranza delle morti da Covid-19 è avvenuta in una piccola parte delle regioni europee. «Diverse regioni italiane si distinguono per il numero delle morti in eccesso nelle varie zone europee. Bergamo è uno dei primi posti colpiti dal coronavirus in Europa e, fino alla fine di aprile, la sua provincia ha registrato molte più morti del normale. Ma la diffusione del virus in Italia si è concentrata geograficamente nel settentrione, suggerendo un relativo contenimento. Molte regioni nel sud hanno registrato un numero di morti in linea con la media degli anni precedenti».

grafico morti in eccesso Italia

(Foto di Tai’s Captures su Unsplash)