Dopo avere innescato uno dei momenti più drammatici della nostra storia recente, oggi il coronavirus in Italia sembra sotto controllo. Attenzione però: non vuol dire che se ne sia andato. Come dimostrano i nuovi focolai che di tanto in tanto vengono scoperti, facendo tornare rapidamente a crescere il numero di casi accertati, la minaccia è ancora nell’aria. Interessante peraltro che, mentre si fa un grande clamore intorno agli sbarchi di migranti che si stanno riversando sulle coste italiane in questi giorni (seppure su numeri bassissimi rispetto a solo pochi anni fa), il “paziente 1” di un nuovo possibile focolaio siciliano sia uno degli invitati a un matrimonio. Rientrato dalla Germania per la celebrazione, e ignaro di essere infetto, ha preso parte alla celebrazione, e dopo che ha mostrato sintomi ed è risultato positivo tutti gli invitati sono stati messi in quarantena. Giustissimo controllare che i migranti non siano infetti, e assicurarsi che osservino un periodo di quarantena. Ma nel frattempo chi arriva in Italia da un paese europeo può spostarsi liberamente e avere contatti con chiunque, rischiando di portare il virus dove probabilmente non sarebbe mai arrivato. Di certo è preoccupante anche la fuga di molti migranti dai “centri di accoglienza” in cui sono costretti, ma visto che si parla in certi casi di tensostrutture talvolta riempite fino a dieci volte rispetto alla loro capacità massima, bisogna anche capire la disperazione di chi decide di provare a scappare.
Politica e società civile
Tornando al contesto generale, se la pandemia è “sotto controllo” lo si deve a diversi fattori. Innanzitutto gli sforzi eroici (il termine qui non è fuori luogo) di tutto il comparto sanitario, che hanno permesso di contenere le conseguenze di una situazione drammatica, che poteva diventarlo ancora di più. Persone che hanno affrontato settimane pesantissime, diverse delle quali perdendo la vita a causa del virus, che si porteranno dietro a lungo (se non per sempre) le conseguenze psicologiche di una condizione prolungata di stress paragonabile solo a quella di una guerra, e che in molti casi hanno rinunciato a tornare a casa per settimane, per evitare di contagiare le proprie famiglie. A tutti loro non possiamo che dire grazie, ancora una volta e di cuore. Subito dopo, però bisogna ringraziare gli italiani. Sì perché, nonostante siamo bravi a dipingerci (e a lasciare che ci dipingano) come inaffidabili, irresponsabili, allergici alle regole, la stragrande maggioranza sta rispettando (e ha rispettato fin dall’inizio) le pesanti misure messe in atto dal governo e dalle regioni per controllare il contagio. Il peggio è passato (e speriamo lo sia davvero) perché siamo stati a casa quando ci hanno detto di farlo, e abbiamo indossato mascherine, guanti e tutte le precauzioni che ci hanno imposto o suggerito. Anche in regioni e città in cui l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto non c’è, si vedono molte persone che lo fanno comunque (e se ne stanno accorgendo anche all’estero). Poco importa che molti giornali abbiano fatto di tutto per sottolineare i pochi che hanno violato le regole. La realtà è che se non avessimo seguito le regole, saremmo ancora in una situazione ingestibile. E se all’improvviso smettessimo di seguirle (o se venissero allentate come alcuni irresponsabili chiedono), la situazione degenererebbe in pochissimo tempo. Ciò che accade appena fuori dai nostri confini (in Spagna, Francia, Germania) deve farci tenere alta l’attenzione. E la politica come si è comportata, in tutto questo? È un giudizio che va dato su più livelli. Non c’è dubbio che ci siano grosse responsabilità da accertare (e le indagini sono in corso) rispetto alla mancata istituzione di una zona rossa in Val Seriana. Così come bisogna rendere merito al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di averci “messo la faccia” su decisioni delicatissime, quali quelle che hanno portato il paese al lockdown e a una delle crisi economiche e sociali più pesanti della sua storia. Il principio di precauzione ha avuto successo, ma da solo non basta. Tante cose non hanno funzionato e non stanno funzionando rispetto alle misure di sostegno all’economia e alle famiglie, e vedremo come saranno gestiti i fondi europei che probabilmente arriveranno tra qualche mese. Tante, troppe task force e poca assunzione di responsabilità a tutti i livelli. Siamo certamente diventati più bravi a controllare, tracciare e isolare i focolai locali. È migliorata anche la capacità di cura del virus, e i dati sui ricoveri lo dimostrano. La sfida è difficilissima, forse la più difficile dell’Italia repubblicana. Non è andata benissimo fin qui, ma siamo rimasti in piedi, più o meno. Da qui in poi bisognerà però fare molto meglio di così.
(Foto di Adam Nie?cioruk su Unsplash)