La discussione intorno al decreto “milleproroghe” si sta concentrando principalmente sul tema dei trasporti. Dalle proteste dei tassisti, come sempre vigorose e capaci di mettere in scacco qualsiasi tentativo di cambiamento, all’emendamento che potrebbe interrompere i nuovi servizi di autobus low cost (FlixBus e Megabus).

Nel silenzio generale, il decreto in questione si occupa anche di spostare in avanti di un anno l’entrata in vigore di una norma per l’assunzione di persone con disabilità nel settore privato e nelle attività senza scopo di lucro. Secondo quanto spiega Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap), il primo gennaio di quest’anno sarebbe entrata in vigore il decreto attuativo numero 151 del 2015, che prevedeva «nuove regole per le assunzioni obbligatorie di lavoratori disabili. La novità più rilevante prevede che anche i datori di lavoro privati che occupano un numero di risorse comprese tra 15 e 35 dipendenti abbiamo l’obbligo di assumere, anche se non sono in programma nuove assunzioni, un lavoratore disabile nel proprio organico».

Una norma molto importante per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, attesa da molto tempo dalle associazioni che si occupano di tutelarne i diritti. Il decreto riguardava anche partiti politici, organizzazioni sindacali e organizzazioni senza scopo di lucro che operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione. «Una prospettiva che apriva la concreta aspettativa di assunzione di un numero presumibile fra le 70 e le 90mila persone con disabilità, vista la platea dei datori di lavoro interessati – ha detto Vincenzo Falabella, presidente Fish –. Una misura che, al contrario, verrà ancora rinviata restituendo un pessimo segnale. Ci appelliamo al senso di responsibilità dei deputati: attendiamo un segnale concreto verso uno dei più pesanti elementi di discriminazione delle persone con disabilità: l’esclusione dal mondo del lavoro. Un dato secco ed illuminante: una sola persona con disabilità su cinque oggi lavora».

Le speranze sono poche però, visto che sul “milleproroghe” è stata posta la questione di fiducia, dunque il testo non può più essere modificato. A questo punto si può solo sperare in una norma successiva che si occupi di ripristinare il termine per l’entrata in vigore del nuovo regime. Altrimenti appuntamento per il 2018, salvo nuove ulteriori proroghe. L’obbligo del rispetto delle quote, se tutto resta com’è, rimane comunque in vigore per le nuove assunzioni, come spiega Redattore Sociale, ma cade l’obbligo di nuove assunzioni ove non previste. Anche Roberto Spaziale, presidente di Anffas, ha espresso il proprio disappunto: «Siamo delusi e amareggiati. Non solo un simile emendamento non doveva essere presentato, ma è assurdo che lo stesso sia stato approvato. Con quale “faccia di bronzo” tutti coloro che lo hanno votato potranno spiegare alle persone disabilità ed ai loro familiari che il primario diritto al lavoro deve ancora aspettare? Questo perché a prevalere, ancora una volta, sono quelli del mondo dell’economia. Ci rivolgiamo direttamente al presidente Mattarella, a cui chiediamo di esercitare il suo ruolo di garante della Costituzione e dei diritti fondamentali dei cittadini italiani con disabilità».

Purtroppo temiamo che gli appelli cadranno nel vuoto, e le persone con disabilità dovranno attendere tempi migliori. Certo fa impressione il fatto che chi è in grado in poche ore di organizzarsi per bloccare intere città (come per esempio i tassisti) ottenga entro pochi giorni l’accoglimento delle proprie istanze. Chi invece non ha questa forza di mobilitazione è costretto a restare alla finestra nell’attesa che, sbrigate le questioni più “urgenti”, qualcuno si occupi anche dei suoi diritti. Sarebbe interessante vedere i primi farsi carico anche delle cause dei secondi. Se il corporativismo si facesse un po’ meno chiuso e autoreferenziale, le categorie più visibili potrebbero traghettare anche quelle mediaticamente più deboli verso i propri obiettivi. In questo, va riconosciuto alle Iene il merito di avere denunciato il caso dei tagli all’assistenza domiciliare forniti dalla Regione Sicilia, con annessa telefonata furibonda con cui Pif ha chiesto al presidente Rosario Crocetta di dimettersi se non trova i fondi. Concludendo con una frase molto importante: non dovrebbe essere un programma televisivo a sollevare questioni come questa.