Nel nostro Paese spesso le parole “gestione” e “malagestione” sono perfettamente sovrapponibili. E quando c’è da trovare il colpevole, tutti si scoprono abili nello spalmare sul maggior numero possibile di soggetti la patata bollente. Pare che l’approccio verticistico e incentrato sul potere in mano poche personalità forti, cui ci ha abituato il craxismo prima e il berlusconismo poi, vada in frantumi di fronte all’indice puntato della giustizia. Contro questa consolidata dinamica parrebbe andare una norma contenuta nel pacchetto per l’attuazione del federalismo fiscale, all’esame della commissione parlamentare. Si parla infatti di inserire delle sanzioni in capo ai responsabili della spesa pubblica per la salute, in caso di cattiva gestione della stessa. In particolare, come spiega Ettore Jorio, docente di diritto sanitario, si tratta del «cosiddetto “fallimento politico”, cui consegue la non ricandidabilità/ineleggibilità/non nominabilità per un decennio, rispettivamente per governatori, presidenti delle province/sindaci e manager della salute». In sostanza, una volta accertato che ci sono state infrazioni o inadempienze gestionali, scatterebbe il provvedimento più temuto per il cattivo politico (o manager), ossia l’espulsione dal giro.
Un meccanismo che, come sottolinea giustamente Jorio, dovrebbe trovare la piena condivisione da parte della politica, ma prima ancora della collettività, che in questo “vento di cambiamento” di cui si parla da alcune settimane pare aver manifestato non tanto l’insofferenza verso il governo e la maggioranza, ma in generale verso il panorama politico attuale. Quello che non permette al Paese di crescere, e che con i suoi costi spropositati e continui lasciti di voragini nei bilanci pubblici ci blocca su una posizione di confine, in bilico tra le ultime posizioni dei Paesi industrializzati e le prime di quelli sottosviluppati. Si parla inoltre nella norma di inventario di fine legislatura (per i governatori regionali) e di fine mandato (per sindaci e presidenti delle province), «uno strumento di civiltà e di trasparenza, proprio perché impone agli stessi di documentare ai cittadini il loro operato prima delle elezioni. Un evento, questo, funzionale ad attestare la capacità ad amministrare e l’idoneità manageriale dell’eventuale (ri)candidato. In quanto tale, indispensabile a rendere il voto più responsabile e consapevole». Secondo l’Anci, l’associazione che riunisce i Comuni italiani, i riferimenti al fallimento politico degli amministratori sono da considerare «propagandistici». Inoltre questa lamenta un indebolimento generale della manovra sul federalismo fiscale, dovuta ai troppi tagli operati dal Governo negli ultimi mesi: «L’attuazione del federalismo fiscale è fortemente pregiudicata dalle manovre economiche del Governo. Occorrono urgentemente correttivi importanti ai decreti attuativi già emanati, e a quello sui premi e le sanzioni agli amministratori, in via di approvazione».
Bene discutere e rivedere modalità ed entità delle sanzioni, ma il nostro sogno di vivere in una società in cui chi lavora meglio è premiato potrebbe passare anche da norme come questa, quindi ci auguriamo si prosegua nella direzione giusta. Chiudiamo con le parole di Jorio, che sottolinea quanto quella in esame sia «una ipotesi legislativa che sembra rappresentare la realizzazione delle aspettative di entrambi i giocatori della stessa partita. La politica, che esige nelle sua interezza una più corretta gestione della spesa pubblica, anche al fine di rendersi adempiente nei confronti delle istanze comunitarie in tema di contenimento del debito pubblico. I cittadini, che pretendono l’esigibilità dei loro diritti di cittadinanza, a tutt’oggi compromessi, e l’esonero da ulteriori aggravi fiscali, spesso indebitamente imposti».