Nei giorni scorsi si è parlato molto di finanziamento pubblico ai partiti e della sua abolizione. Il presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, il 31 maggio ha pubblicato sul suo profilo Twitter il seguente messaggio: «Cdm ha appena approvato il ddl di abrogazione del finanziamento pubblico partiti e passaggio a incentivazione fiscale contributi cittadini». Da subito un moderato ottimismo da parte di alcuni, perplessità da altri, aperta critica per l’inconsistenza della proposta da altri ancora. Vediamo perché questa terza strada è quella da tenere più in considerazione, in relazione al contenuto del testo e dei passaggi istituzionali che separano il disegno di legge dall’approvazione parlamentare. Luca Ricolfi, su La Stampa del 3 giugno critica aspramente il disegno di legge dove recita, all’articolo 1, che «È abolito il finanziamento pubblico dei partiti». Una frase del genere, per tornare alla questione dell’uso corretto dell’italiano, non lascia molto spazio alle interpretazioni. A leggerla viene da pensare che, una volta in vigore la legge, non confluiranno più in alcun modo fondi pubblici ai partiti. E invece la sostanza è diversa.
Intanto per la progressività dell’entrata a regime: nel 2013 non ci sarà alcun cambiamento. Dall’anno prossimo inizieranno a essere ridotte parzialmente le entrate, che dovrebbero poi cessare nel 2017. In compenso, dal 2014 scatterebbero le agevolazioni fiscali per le donazioni private, nonché il sistema di destinazione volontaria del 2 per mille dell’imposta sul reddito. Un 2 per mille privo di tetto massimo (a differenza del 5 per mille, come sappiamo bene), quindi non è detto che le risorse totali a disposizione dei partiti non saranno uguali o superiori a quelle attuali. In altre parole: ancora costi a carico dello Stato, che sarà anche chiamato a dare disponibilità di locali e spazi televisivi, tutte cose che hanno un prezzo. Inoltre, sottolinea Ricolfi, «Il disegno di legge non tocca né il finanziamento dei gruppi parlamentari, né il finanziamento dei gruppi dei Consigli regionali, due voci molto consistenti del finanziamento pubblico ai partiti».
Arianna Ciccone, in un post pubblicato su Valigia Blu, fa poi notare che il ddl è uscito dal Consiglio dei ministri con la formula «Approvato salvo intese», che significa che prima di arrivare al Parlamento (che poi potrà emendarlo a suo piacimento, fino renderlo irriconoscibile), potrebbe ancora essere modificato dal governo. Nessuna garanzia quindi che le parole twittate da Letta sul suo profilo siano confermate. Per quanto riguarda gli sgravi fiscali sulle donazioni, neanche qui è previsto un tetto. Il 52 per cento su donazioni fino a 5mila euro e 26 per cento fino a 20mila euro. «Con un trattamento, per chi decide di aiutare economicamente un partito o un politico, dodici volte più favorevole rispetto a quello cui ha diritto il sostenitore di un’opera benefica», osserva Sergio Rizzo sul Corriere.
Restano inalterati i contributi ai giornali di partito, che quindi continueranno a godere di finanziamenti e agevolazioni. Insomma si dimostra vero ciò che ha scritto Giovanna Cosenza sul suo blog: Grillo è diventato una moda. Ha imposto all’ordine del giorno alcune questioni, ma le altre forze politiche le riprendono in modo superficiale e di facciata. Alla prova dei fatti non sappiamo se il Movimento 5 Stelle sarebbe in grado di mettere in pratica le proposte che ritiene imprescindibili, ma al momento, sostiene Cosenza, «Per gli imitatori si tratta invece -almeno per ora- di pura e semplice comunicazione, nel senso più superficiale -almeno per ora- della parola».