
Il fondo per le non autosufficienze, istituito con la legge Finanziaria del 2007, avrà una copertura anche per il 2015, e la cifra prevista è di 400 milioni di euro. La notizia è stata confermata lunedì 4 novembre dal governo, che inizialmente aveva previsto di stanziare solo 250 milioni, salvo poi cambiare idea dopo incontri con le associazioni che si occupano di tutelare la disabilità. Insomma, una buona notizia, si potrebbe dire. Se non fosse che intravediamo una logica già nota, ossia quella di chi gioca inizialmente al ribasso, proponendo una cifra di scarso profilo rispetto agli anni scorsi, per poi mostrarsi disposto a cambiare idea, intervenire, e andare anche oltre le richieste degli interessati (si chiedevano 100 milioni in più, ne arriveranno 150). Tutti contenti, e alla fine qualcuno ci fa pure una bella figura, in questo caso il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
Il problema di questo fondo è lo stesso di tante altre norme, come quella sul 5 per mille, che una volta istituite devono lottare ogni anno per sopravvivere, perché alla nascita non sono state dotate di parametri chiari e stabili per determinarne l’entità. L’ammontare del fondo è passato dagli iniziali 100 milioni del 2007 ai 300 del 2008, per toccare poi 400 milioni nel 2009 e 2010. Poi, tra cambi al governo, crisi e scelte politiche diverse, è sceso nuovamente a 100 milioni nel 2011, e a zero nel 2012. Nel 2013 è tornato a 275 milioni (governo Monti), per salire a 350 nel 2014 (governo Letta). Per il 2015 l’attuale governo proponeva 250 milioni di euro e questo, al di là della cifra raggiunta dopo le trattative, è un dato politico che dice qualcosa. C’era fin da subito l’intenzione di salire a 400 milioni, e quindi il teatrino del dialogo con le associazioni è tutto una manfrina? Oppure c’è stato il tentativo di risparmiare su questa voce di spesa, salvo fare poi marcia indietro per salvare la faccia? Comunque stiano le cose, alla fine il governo è riuscito a uscirne bene, e bisogna dare atto all’esecutivo di saperci fare su tempistiche e modalità di gestione della comunicazione. Da un governo però ci si aspetta politica vera, non strategie di marketing.
Detto questo, resta il fatto che la spesa dell’Italia per invalidi e non autosufficienti non è adeguata alle esigenze, come scrive Massimo Baldini su Lavoce.info: «L’Italia spende poco per invalidi e non autosufficienti: circa 26 miliardi nel 2011, 7,5 in meno della media europea tenendo conto della popolazione. A livelli tedeschi, la spesa italiana sarebbe di 18 miliardi superiore (Istat, Rapporto Annuale 2014)». Non è solo un problema di quantità, ma anche di qualità della spesa. Come facevamo notare in un articolo a proposito del “bonus bebè”, la politica tende sempre a intervenire con erogazioni di denaro piuttosto che sulla garanzia dei servizi. Continua Baldini: «La spesa si concentra inoltre sui trasferimenti monetari, in particolare indennità di accompagnamento e pensioni di invalidità, mentre i servizi sono scarsi, e sono stati per di più tagliati dagli enti locali in questi anni di crisi, rendendo più difficile uscire da situazioni di esclusione e aumentando la dipendenza dal nucleo familiare, se c’è. Sarebbe un vero peccato che un governo che a parole si dice attento ai problemi distributivi assecondasse questo processo di emarginazione, con gravi danni anche per le scelte di vita e lavoro dei familiari, soprattutto se donne». Che poi è la preoccupazione delle associazioni che si impegnano per i diritti delle persone non autosufficienti, come spiega Vincenzo Falabella, presidente di Fish, a Vita: «Oggi è l’inizio di un confronto con il governo intero: con una programmazione strutturata che sia degna di questo nome puntiamo a non arrivare alla prossima legge di stabilità nelle stesse condizioni che hanno caratterizzato questi anni: non vogliamo colpi di reni ma una programmazione seria».