Come riportato da diversi giornali, nel 2020 il gioco d’azzardo legale ha subito una grossa riduzione del volume d’affari: «Il confronto con il 2019 rende evidente il colpo subìto dal settore con l’emergenza sanitaria – scrive Repubblica –: la raccolta complessiva segna -22,2 miliardi di euro (-20%), le vincite -15,7 miliardi di euro (-17,2%), l’erario -4,1 miliardi (-36,3%), i ricavi delle imprese del settore -2,3 miliardi di euro (-28,9%)».
Secondo le stime, parallelamente è cresciuto invece il gioco illegale: «se nel 2019 il valore del gioco illegale era stimato in circa 12 miliardi di euro, nel 2020 è salito a 18 miliardi (+50%) e nel 2021 rischia di andare oltre i 20 miliardi di euro».
Sono dati rilevanti, ed è giusto diffonderli. Ciò che colpisce, però, è che diverse testate giornalistiche hanno mantenuto un atteggiamento piuttosto acritico e accondiscendente nel trattare questo tema nei giorni scorsi.
I dati citati in apertura vengono infatti da un rapporto di Lottomatica e Censis, il primo dei quali è la concessionaria esclusiva per il gioco d’azzardo, dunque un attore non imparziale nella vicenda. Non mettiamo in discussione i numeri, quanto le parole che li hanno accompagnati.
Le dichiarazioni contenute negli articoli che hanno ripreso il rapporto e la sua presentazione (abbiamo citato Repubblica ma vale anche per altre testate, come il Corriere) contengono dichiarazioni ricorrenti, evidenemente riprese da un comunicato stampa diffuso da Lottomatica.
Un giornalismo serio dovrebbe prendere con molta circospezione la comunicazione che arriva da soggetti interessati, interrogandosi sulla finalità di certe dichiarazioni.
In entrambi gli articoli si riporta per esempio questa dichiarazione di Federico Frani, sottosegretario all’Economia con delega ai giochi: «Il dovere del legislatore è di uscire dall’equivoco che il gioco legale, in quanto tale, sia un problema. Se restiamo nella nebbia che avvolge il gioco legale il sistema non funziona». Entrambi fanno riferimento a una frase contenuta nel rapporto che dice: «Ecco perché è tempo di valutare con attenzione estrema ruolo e funzione reale del sistema del gioco legale, che è ben altro dalle rappresentazioni semplicistiche e demonizzanti che sono alla base di un’autolesionistica cultura proibizionista».
Nel corso del testo vengono poi citate altre dichiarazioni che sottolineano in sostanza due cose: che il gioco d’azzardo legale contribuisce all’economia del paese, grazie alle entrate per lo Stato e all’indotto di tutto il settore, e che il gioco legale sia l’antidoto a quello illegale.
Sulla prima non possiamo che essere d’accordo, è un dato di fatto. Sulla seconda, ci sono dei dubbi. Secondo la campagna “Mettiamoci in gioco”, infatti, le cose non stanno così: «Se è vero che alcuni giocatori patologici possono essere attratti dal gioco illegale per svariati motivi (la clandestinità, l’offerta di quote più alte, ecc.), non bisogna dimenticare che la dipendenza – proprio per l’estesa e capillare offerta di gioco legale oggi presente in Italia – colpisce diverse fasce della popolazione (per sesso, età, estrazione sociale) e per motivi diversi (crisi personali, perdite familiari, varie fragilità). Associare il problema della dipendenza al solo mercato illegale è una chiave di lettura anacronistica e scientificamente destituita di ogni fondamento. La realtà è molto più complessa».
Il problema è che mantenere questi livelli di entrate per lo Stato, affrontando al contempo il problema del disturbo da gioco d’azzardo (ludopatia) è probabilmente impossibile: secondo “Mettiamoci in gioco”, per ridurre i disturbi bisogna ridurre l’offerta, oggi eccessiva. «Il gioco patologico, sommerso e strisciante, ha ricevuto un poderoso input proprio dall’enorme offerta di azzardo riversata sui territori negli ultimi venti anni. Tale offerta è stata in grado di garantire l’attuale gettito erariale su cui fa affidamento lo Stato il quale, tuttavia, non può esimersi dal porre al primo posto la tutela della salute pubblica. Senza dimenticare che una parte non irrilevante dei proventi che lo Stato ricava dalle tasse su questo comparto viene impiegata per aiutare le persone affette da disturbo da gioco d’azzardo».
Attenzione quindi a dare troppo ascolto alle voci di soggetti che hanno interessi diretti sul tema. E anche ai giornali, quando vengono meno ai propri doveri di approfondimento e accuratezza.
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