Si dice spesso che la legalizzazione del gioco d’azzardo sia il sistema migliore per limitare il coinvolgimento della criminalità organizzata in questo business. Ciò che si dice con meno frequenza è che questa strategia funziona se accompagnata da un opportuno contenimento dell’offerta.
Non si può, in sostanza, sconfiggere il gioco illegale mentre al contempo si moltiplicano a dismisura le disponibilità sul territorio (e online) di slot machine e video poker. «C’è una proliferazione di punti scommesse, soprattutto in territori e quartieri ad alto disagio sociale – ha detto Federico Cafiero de Raho, vicepresidente della commissione antimafia, nel corso di un incontro alla Camera –. È presumibile che dietro alcuni di questi punti scommesse si celino attività di riciclaggio della criminalità organizzata. Il gioco legale può essere argine del gioco illegale, ma a condizione di una limitazione complessiva dell’offerta e dei punti vendita. Già da alcuni anni il gioco online è la nuova frontiera di interessi criminali nell’azzardo, sfruttando i mancati controlli da parte di alcuni paesi europei come Malta, Austria e Romania».
Nonostante la repressione del gioco illegale, che ha contribuito all’aumento dei guadagni del comparto legale (che oggi arriva a circa 140 miliardi di euro), «le inchieste giudiziarie dimostrano invece come l’attuale organizzazione del comparto azzardo favorisca le mafie e come esse continuino a gestire parti del settore legale e illegale», è stato chiarito nello stesso incontro.
La proliferazione dell’offerta di gioco non è un fenomeno generalizzato in tutta Europa, ma caratteristico dell’Italia e frutto di una strategia precisa. Secondo una ricerca sulla presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso nei mercati del gioco d’azzardo in Italia, «Questo sviluppo è ascrivibile a scelte politiche che nell’ultimo trentennio hanno favorito l’allargamento dell’offerta di giochi per ragioni di bilancio pubblico, rimpinguato con i proventi dell’imposizione fiscale sugli ingenti volumi di gioco».
Secondo questo studio, c’è però un problema più strutturale che rende il settore sempre più interessato dalle infiltrazioni della criminalità organizzata, ed è «la questione della permeabilità criminale agli assetti istituzionali e regolativi». Questo impone quindi di superare «la visione dicotomica del rapporto tra legale e illegale». Le organizzazioni criminali attuano dunque una strategia che si vede anche in altri settori, ossia entrare in un mercato legale, gestendolo dall’interno con pratiche illegali e spesso violente.
Oltre ai più classici mercati clandestini, ossia vere e proprie occasioni di gioco del tutto illegali, la criminalità ha sviluppato altre strategie più diversificate quali «il riciclaggio, l’acquisizione di società, la distribuzione di prodotti illeciti e il controllo violento del mercato».
La struttura stessa del mercato facilita l’ingresso di tali soggetti, a causa dei suoi «elevati livelli di opacità» e da una filiera in cui operano numerose figure intermedie dotate di ampi margini di autonomia e di un forte legame col territorio. Tutti fattori di debolezza che «consentono ai mafiosi di far fruttare le principali competenze di cui dispongono».
La cosa vale sia per i giochi distribuiti sul territorio, sia per quelli online. In quest’ultimo caso, il «quadro di confusione normativa […] rende particolarmente vulnerabile il settore a pratiche che si muovono a cavallo tra legale e illegale, crinale lungo il quale i mafiosi sembrano trovare particolare agibilità».
Alla luce di questo, fa sorridere il Rapporto Lottomatica-Censis quando afferma che «il gioco legale è il principale nemico di quello illegale: consente di giocare in sicurezza in un contesto fatto di regole certe che lo Stato deve stabilire e far rispettare».
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