Lo storico David Bidussa, in un articolo pubblicato il 27 gennaio 2023 su Doppiozero, riflette sul senso del Giorno della memoria in un tempo in cui la maggior parte dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti è ormai scomparsa. Ne proponiamo un estratto.

Nel nuovo numero della rivista «Vita e pensiero» (2022, n. 6) La storica Anna Foa s’interroga su “Cosa resta della Shoah senza i sopravvissuti”. Testo sintetico e «puntuto». Foa va diritta al tema e si chiede se la memoria rischi di perdersi con la scomparsa dei testimoni diretti dell’Olocausto, dovuta allo scorrere inesorabile del tempo.

La sua risposta è che questo è possibile dato che storia e memoria procedono appaiate. Ma poi, aggiunge, questo non dipenderà solo dalla scomparsa dei testimoni, dipenderà se noi, (storici, intellettuali, operatori culturali, insegnanti, comunicatori,…) usciremo dalla nostra «confort zone» e proveremo a far lavorare la nostra professionalità in funzione di costruire una coscienza civile pubblica.

In altre parole: la scomparsa dei testimoni sarà un problema solo se resterà canonico quel comportamento (assai diffuso, ma non unico) che pensa che si «esce d’obbligo» dal dovere di memoria delegando al testimone il racconto dell’evento.

La scena è nota. Un sopravvissuto parla, intorno cala improvvisamente il silenzio – come quando tutti si fermano quando si fissa il minuto di silenzio per lutto, anche da parte di coloro che contestano, fosse solo per rispetto o perché forse così la scena finisce presto – poi improvvisamente quella figura finisce di raccontare, e tutto, così come allo scadere del minuto di silenzio, riprende a scorrere come in precedenza.

Scrive Anna Foa che questa scena, pur vera, sarà un alibi spuntato perché la scomparsa dei testimoni non elimina i documenti, le foto, le raccolte di atti (spesso create dagli stessi sterminatori) che restano a disposizione di un pubblico. Consultabili in molti centri studio, ma anche disponibili da remoto, in rete per chi non abbia tempo o modo di andare fisicamente nel luogo dove quei documenti sono conservati.

In linea di massima mi sembra un quadro plausibile, solo che a mio avviso è bene mettere nel conto altre cose e, forse, tornare a considerare la scena iniziale perché i cambiamenti avvenuti negli ultimi venti anni sono stati profondi. Personalmente credo più complessi di quelli che – opportunamente, ripeto –, richiama Anna Foa. È un profilo di ragionamento che mi riguarda in prima persona, perché molti degli argomenti che Foa propone stavano nel mio Dopo l’ultimo testimone. Libro che non rinnego, ma di cui oggi vedo molti limiti.

Qui ne considero tre. Per la precisione: il tema e la figura dei testimoni; la questione del calendario civile; la dimensione del racconto di storia e del ruolo degli storici.

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(Foto di Karsten Winegeart su Unsplash)

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