nottialmuseoDa qualche settimana ha preso avvio l’iniziativa promossa dal Ministero della cultura dal titolo #NottialMuseo, con la quale si prolunga l’apertura dei principali musei statali fino alle 22 tutti i venerdì. Per arricchire la proposta, il Ministero ha pensato di aprire gli spazi culturali a collaborazioni con altri soggetti, in modo da popolare le serate con eventi e rassegne che possano invogliare il pubblico ad accorrere. Da ieri gira però in rete una lettera di protesta firmata dal violoncellista Michele Spellucci, che ha portato all’attenzione degli utenti il contenuto del bando con cui il Ministero si rivolgeva a eventuali futuri collaboratori affinché proponessero dei progetti.

A fronte di un’iniziativa senz’altro apprezzabile, c’è infatti una serie di condizioni che rendono l’offerta non proprio allettante. Su tutte, quella enunciata dall’articolo 2: «Il presente Avviso è rivolto a persone fisiche e giuridiche che intendano realizzare eventi culturali a titolo gratuito in favore del Ministero, ad esclusione di organizzazioni partitiche o politiche». Il Ministero propone quindi di valorizzare il patrimonio culturale italiano chiedendo agli operatori culturali di aiutarlo gratuitamente. In cambio della visibilità, sia chiaro, perché (articolo 4) «In relazione alle attività culturali oggetto del presente Avviso pubblico, la Direzione Generale si impegna: a) ad inserire il nome, la denominazione, il logo o comunque il segno distintivo prescelto dal soggetto proponente nel materiale illustrativo dell’iniziativa».

A essere onesti, appena letta la notizia, abbiamo pensato alla solita “bufala”, non ci pareva possibile. Per di più il bando, datato 1o luglio, secondo alcune fonti era «misteriosamente sparito» dal sito del Ministero proprio appena si è diffusa la protesta. Purtroppo ci sbagliavamo: è bastato inserire su Google il vecchio indirizzo, riportato da Spellucci, per accedere alla copia cache conservata nei server del motore di ricerca, che infatti è ancora consultabile qui (qualcuno ha comunque provveduto a caricare il documento anche qui). Fino a prova contraria, si tratta quindi di notizia veridica. Proseguendo la lettura la situazione si fa ancora più grave, perché al “soggetto proponente” si chiede di provvedere a una serie di adempimenti che hanno dei costi, come la copertura assicurativa (articolo 6, punto 1): «il proponente dichiara di essere in possesso di adeguata polizza assicurativa di responsabilità civile per danni a persone e cose, esibendone copia a richiesta dell’Amministrazione». Al punto 2 dello stesso articolo si specifica inoltre che «il proponente si impegna ad osservare tutte le norme che disciplinano la realizzazione di eventi, attività culturali, spettacoli da svolgersi in luogo in pubblico e/o aperto al pubblico». Questo punto per un organizzatore di eventi culturali si traduce in quattro semplici lettere: Siae. Una voce di spesa che può essere anche molto onerosa, a seconda dei contenuti che si andranno a proporre, e può variare da qualche decina a qualche centinaio di euro.

Ognuno tragga le proprie conclusioni, non intendiamo dilungarci a commentare l’assoluta inadeguatezza delle condizioni poste dal Ministero. Ci soffermiamo solo sulla parola “collaborazione”, che il testo del bando evita accuratamente di riportare nei primi articoli, parlando invece di «sollecitare la presentazione di proposte» o espressioni simili, come a indicare che lo Stato mette a disposizione gli spazi, il resto è a carico dell’organizzatore. A qualcuno però dev’essere sfuggito il titolo dell’articolo 6, che infatti recita la formula “accordo di collaborazione”. Se l’avessero evitata, almeno il Ministero avrebbe avuto dalla sua la forma, ma nel momento in cui (dopo avere descritto tutte le condizioni) si lascia sfuggire il termine “collaborazione”, allora si sfocia nella presa in giro.