Pamela Paul è editor della redazione libri del New York Times. Alcuni anni fa ha iniziato a limitare il suo rapporto con la tecnologia, riducendola allo stretto necessario, almeno nella vita privata. Se durante la sua giornata lavorativa Paul, come tutti i suoi colleghi, deve misurarsi con mail, riunioni su Slack o Zoom, documenti condivisi, ecc., in quella privata ha scelto di avere un approccio più minimalista, adottando solo le tecnologie che trova davvero utili e in qualche modo “necessarie”.
In questi casi si corre sempre il rischio di idealizzare i “bei tempi andati”, che in campo tecnologico può voler dire anche solo andare indietro di cinque anni. C’è poi una scelta piuttosto arbitraria su cosa sia ammesso e cosa no, e quindi su quanto radicale sia la scelta. Paul, per esempio, ha un abbonamento a Netflix, ma invece di guardare i contenuti in streaming preferisce ricevere a casa i DVD (è un servizio offerto solo negli Stati Uniti). Di certo questo evita di cadere nel consumo compulsivo di contenuti, a causa dell’inevitabile lentezza della consegna a casa rispetto allo streaming.
Paul non usa tablet, e-book reader, per non parlare di dispositivi domestici tipo Alexa, e sul suo smartphone non installa alcuna applicazione che non le sia strettamente necessaria.
Di recente, Paul ha pubblicato un libro in cui elenca “Le 100 cose che abbiamo perso a causa di internet”. Ne abbiamo selezionate cinque, non tanto per giudicare cosa è meglio e cosa è peggio, ma per essere più consapevoli di com’era diversa la nostra vita fino a non molti anni fa.
1. La noia
«La noia ha una funzione», ha detto Paul. «È noiosa, ovviamente, e questo non ce la fa amare, ma è quando non hai nessuno stimolo in entrata che puoi produrre qualcosa. Oggi si ha un accesso costante a fonti di informazione, intrattenimento, distrazione. Continui stimoli in ingresso. Questo impedisce di fare spazio per creare qualcosa, o semplicemente elaborare quanto acquisito».
2. Le telefonate
«Sei ancora al telefono?!». Quanto era comune fino a qualche anno fa che un genitore riprendesse così i figli. Oggi i telefoni con cui siamo in costante interazione assolvono a mille funzioni, tanto da lasciare quella per cui sono nati sullo sfondo. Le prime fasi della pandemia, scrive Paul, hanno per un breve periodo ridato importanza al parlarsi (e vedersi, grazie alla tecnologia), ma presto siamo tornati alle abitudini precedenti. Spesso oggi le chiamate sono programmate, ci si scrive in anticipo, nel costante timore di interrompere chissà quale attività.
3. Le chiamate perse
Un tempo, se perdevate una chiamata, era persa per sempre. Oggi non è più così, perché le telefonate in arrivo mostrano sempre il numero e il nome (se in rubrica) di chi ci sta cercando. Certo anche oggi è possibile mascherare il proprio numero, ma non è un fatto comune. Un tempo capitava di correre per rispondere al telefono di casa, per poi sentire nella cornetta il segnale di linea libera. Chissà chi era. Richiamerà? Impossibile saperlo.
4. Solitudine
«La vera solitudine consiste nello stare con i propri pensieri e lasciare fuori tutti gli altri – i loro sentimenti, pensieri, bisogni, reazioni – ed è diventato piuttosto difficile da fare. Siamo diventati così bravi a essere virtualmente con le altre persone, a mandare loro un messaggino mentre facciamo una passeggiata o a “mettere un cuore” mentre la fanno loro, da essere meno in grado di stare da soli”. […]
La disponibilità continua di connessione a internet può essere confortante – c’è da chiedersi come abbiamo fatto ad arrivare fin qui senza. Ma scegliere di non condividere può farci sentire disconnessi e persino soli in una situazione in cui non ci saremmo mai sentiti soli prima».
5. Produttività
Oggi, per molte persone gli strumenti di comunicazione al lavoro si sono moltiplicati. All’onnipresente e longeva email si sono aggiunti diversi software che permettono di lavorare in gruppo trovandosi in posti diversi. Spesso ci si ritrova dispersi in numerosi canali, inondati di notifiche, cose da leggere e a cui rispondere “dopo”, mentre nel frattempo si cerca di stare dietro alle sempre troppo numerose mail.
Si è sempre molto indaffarati, ma si conclude poco. «Passiamo molto tempo a controllare cose. […] In un recente sondaggio, il 50 per cento dei datori di lavoro ha detto che i cellulari distraggono i loro dipendenti; il 44 per cento di essi ha detto che internet in generale è una distrazione. In un altro, il 73 per cento delle persone ha detto che la tecnologia è diventata un’eccessiva fonte di distrazione. Un attimo: da cosa ci distraeva?».
(Foto di Charles Deluvio su Unsplash )
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