Se la pandemia ci ha insegnato qualcosa, è che stavamo andando troppo in fretta. Per molte persone la vita lavorativa era già piuttosto frenetica, e con i lockdown e il lavoro da casa le ore lavorate e la reperibilità si sono estese ulteriormente. Inoltre, anche fuori dal lavoro, a causa del nostro rapporto sempre più stretto con smartphone e altri dispositivi, siamo sempre più esposti a notizie e informazioni lungo tutto l’arco della giornata, il che richiede ulteriore energia mentale.
Ma, fa notare la ricercatrice Teodora Stoica su Psyche, «per quanto il cervello umano sia una meraviglia dell’ingegneria neurobiologica, non può sostenere questo carico di dati. La nostra attenzione crolla dopo circa 90-120 minuti e il multitasking crea un effetto “collo di bottiglia”, con un intasamento di informazioni da una parte all’altra del cervello. Non c’è da stupirsi se sogniamo a occhi aperti per il 47% del tempo: semplicemente non riusciamo a stare al passo con le richieste di attenzione del giorno d’oggi».
Prestare attenzione e sognare a occhi aperti, spiega la ricercatrice, derivano dall’attività di due reti cerebrali: «Nello stesso modo in cui un direttore d’orchestra esperto armonizza il suono degli esecutori e scandisce il ritmo della musica, l’executive control network (rete di controllo esecutivo, ECN) integra e dirige con maestria l’attività di diverse regioni cerebrali per portare a termine un compito specifico. Durante l’intervallo, il direttore d’orchestra lascia il palcoscenico e il default mode network (sistema della condizione di default, DMN) accende le luci di casa per una pausa mentale. Idealmente, le due reti oscillano in opposizione: l’intervallo non interrompe lo spettacolo e lo spettacolo non inizia all’improvviso durante l’intervallo. Questa oscillazione crea stati mentali armoniosi associati a una maggiore creatività, consapevolezza e benessere psicologico».
Per molti di noi, però, questa armonia è un miraggio. Uno stile di vita frenetico impedisce a questo delicato equilibrio di realizzarsi e ci ritroviamo in un perenne stato di distrazione che pregiudica gravemente la nostra salute mentale.
Tra le diverse forme di design persuasivo utilizzate da piattaforme come Facebook e LinkedIn, eccone alcune che vi suoneranno familiari: notifiche intermittenti (l’imprevedibilità le rende interessanti), l’uso del colore rosso per l’icona di notifica (indica urgenza), indicazione del numero delle notifiche in attesa (che sfrutta il nostro desiderio di mettere ordine al caos)
Quando cediamo a una notifica, il nostro cervello è attraversato da scariche di dopamina che ci danno piacere. Con il tempo, questo modello erode la naturale linea di demarcazione cognitiva, rendendoci dipendenti dai nostri dispositivi.
Il rallentamento durante la pandemia ha permesso alla DMN di illuminare la dura realtà delle nostre routine quotidiane sbilanciate. Il mondo sta già tornando al suo ritmo frenetico, ma non è detto che dobbiamo seguirlo.
Un modo per raggiungere un nuovo ritmo, secondo l’autrice, è riconnettersi con i sensi. È stato dimostrato che una semplice passeggiata nella natura riduce la pressione sanguigna e aumenta il rilassamento. La sintonia con il ritmo della natura è stata anche associata a una riduzione dell’attività neurale nelle aree cerebrali collegate al rischio di malattie mentali e ha ispirato la teoria del recupero dell’attenzione, secondo la quale la natura ci restituisce la capacità di concentrazione e attenzione. Prestare attenzione al momento presente durante una passeggiata sposta l’attenzione dai pensieri che generano ansia, creando lo spazio necessario per la concentrazione.
Una disposizione mentale orientata al momento presente è uno dei tratti distintivi della resilienza, la capacità di rimodellare a nostro vantaggio la sfera emotiva durante e dopo un evento stressante (come una pandemia globale). In modo simile, è stato dimostrato che anche l’ascolto profondo – la pratica di fare attenzione a ciò che viene percepito sia a livello acustico che psicologico – non solo favorisce la resilienza personale, ma contribuisce anche a colmare le distanze tra persone di provenienza diversa. Così come il bias attenzionale negativo può creare percezioni basate sulla paura, il bias attenzionale positivo può aumentare l’impegno sociale e diminuire l’isolamento emotivo.
(Foto di Francisco Gonzalez su Unsplash)
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