Il governo ha inserito nel decreto per la scuola, in esame al Senato, un emendamento su tutt’altro argomento, ossia l’Isee (Indicatore della situazione economica equivalente). La mossa è stata fatta per accelerare il processo di recepimento di un recente pronunciamento del Consiglio di Stato, che ravvisava un meccanismo penalizzante per le famiglie comprendenti persone con disabilità, che vedevano il proprio reddito incrementato da trattamenti assistenziali come le pensioni, gli assegni, l’indennità di accompagnamento, ecc., oltre alle prestazioni spettanti per la formazione e per l’università. Fin qui tutto bene, ma il problema è che, oltre a dare applicazione alla sentenza, l’emendamento rischia di generare nuove iniquità, a causa di altre disposizioni in esso contenute. Le associazioni che si occupano di tutela delle persone con disabilità si sono dette fortemente preoccupate, sia per come è avvenuto il processo di recepimento delle sentenze (c’erano dei tavoli di discussione in corso, l’emendamento li ha in sostanza bypassati), sia per i contenuti.
«L’emendamento – spiega Avvenire – prevede l’abolizione delle franchigie e delle detrazioni degli oneri sostenuti per i disabili – in particolare le spese per l’assistenza o il ricovero in strutture sanitarie – e la sostituzione di queste agevolazioni con una semplice maggiorazione dello 0,5 della scala di equivalenza per ogni componente della famiglia con disabilità media, grave oppure non autosufficiente». Secondo la Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) questo meccanismo rischia di premiare le famiglie in condizioni economiche migliori già in partenza. «Lo strumento che ne esce non è né selettivo né equo – ha detto Vincenzo Falabella, presidente della Fish –: sono considerate allo stesso modo persone che ricevono provvidenze molto diverse in termini di importo, persone con gravità diversa, minori, anziani, adulti… Inoltre viene escluso il costo della disabilità annullando e sminuendo chi sostiene in modo documentato spese di assistenza. Infine, il sistema della maggiorazione della scala di equivalenza finisce per premiare chi ha più redditi e patrimoni a scapito di chi è più povero o ha maggiori spese». Oltre a questo aspetto, Avvenire fa notare che non si interviene in alcun modo a sanare le ingiustizie innescate dal sistema di calcolo nei mesi scorsi. Ci si adegua (malamente) all’indirizzo del Consiglio di Stato, ma non si fa nulla per sanare le iniquità che hanno già avuto luogo.
Come si diceva in apertura, grandi perplessità ha suscitato la scelta di inserire l’emendamento in un decreto che nulla ha a che vedere con la questione. «Mentre il comitato di monitoraggio voluto proprio dal Governo come luogo di elaborazione di scelte partecipate da tutti gli attori coinvolti, a partire dal movimento associativo – ha detto Anffas –, stava discutendo di come modificare l’Isee in seguito delle sentenze del Consiglio di Stato (il Comitato si è riunito il 21 aprile e il 4 maggio, proprio per discutere delle decisioni giudiziarie in materia di Isee), il Governo ha deciso invece di presentare un emendamento, all’interno di un testo di legge che affronta tutt’altri temi».
Nel criticare l’azione di governo, le associazioni (in particolare Fish) indicano in otto punti i prossimi passi che l’esecutivo dovrebbe compiere per mettere a posto le cose: «1. Escludere dal computo dell’Isr (Indicatore della situazione patrimoniale) qualsiasi provvidenza assistenziale e non solo quelle relative alla disabilità; 2. Prevedere l’applicazione dell’Isee ridotto anche ai minori con disabilità; 3. Garantire forme di detrazione delle spese assistenziali anche agli incapienti; 4. Garantire la detrazione delle quote di partecipazione alla spesa per servizi socio-sanitari e socio-assistenziali. 5. Sanare in modo dirimente la definizione di prestazioni sociali agevolate cui si applichi l’Isee ridotto; 6. Considerare la presenza di una disabilità plurima; 7. Introdurre elementi che valorizzino il lavoro dei caregiver familiari e il relativo impoverimento dei nuclei di riferimento; 8. Escludere dal computo dell’Isp i risparmi derivanti da provvidenze economiche non rilevanti ai fini Isee (per esempio: indennità di accompagnamento) spesso solo accantonati per garantire il “durante e dopo di noi” mentre la famiglia sostiene da sé tutte le spese necessarie alla vita del proprio congiunto con disabilità».
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