Il termine è ormai entrato nell’uso comune, e molti dizionari di italiano ne riportano il lemma. È uno dei tanti anglismi introiettati dalla nostra lingua, di quelli che chiunque sa usare con disinvoltura, compreso chi non conosce l’inglese. La parola in questione è “gossip”, ossia pettegolezzo. Così il Sabatini Coletti: «Chiacchiera inopportuna e indiscreta, tesa a mettere in cattiva luce qualcuno, a commentarne maliziosamente la condotta». Pare innocua, a leggerla così. E invece è un’arma devastante, se a entrare a conoscenza della diceria sono milioni di persone. Dall’altra parte della barricata c’è un’altra parola, “informazione”. I due termini non dovrebbero mai entrare in relazione, è ovvio: l’informazione è tale in quanto suffragata da fatti, anzi dovrebbero essere proprio questi ultimi a generarla. Eppure, a sfogliare i giornali diffusi nel nostro Paese si fa presto a rimanere disorientati. Basta aprire un quotidiano qualsiasi. Le notizie sono sparite, a favore di articoli in cui si parla d’altro, per pagine e pagine. Storie e storielle, indiscrezioni, dichiarazioni (subito smentite) compongono le prime pagine delle testate, la politica degli annunci ha prodotto l’informazione degli annunci. I fatti in sé spariscono: la notizia è «Tizio ha dichiarato che…». Sembra che l’informazione-gossip si formi direttamente negli uffici stampa, in cui notizie e contro-notizie convivono e creano i tanti “botta e risposta”. Un esercizio che dipinge un Paese in cui ciascuno sembra tenere principalmente ad avere l’ultima parola, piuttosto che a far emergere la verità.
«Se in America il giornalismo è il cane da guardia del potere, in Italia è il cane da compagnia. O da riporto», scrive Marco Travaglio in questa citazione da uno dei libri più noti, “La scomparsa dei fatti”. L’espressione è efficace, e purtroppo tristemente vicina alla realtà. Sembra che da tempo non siano più i giornalisti ad andare a caccia di notizie, ma il contrario. E così gli articoli sono sempre più fumosi, di una guerra ci viene detto quando inizia e quando finisce, se è giusta o sbagliata. Nessuno prova a descrivere le cose per come stanno, delegando al lettore la preoccupazione di assolvere al proprio compito. E cioè, innanzitutto, leggere e farsi un’opinione. Così anche la guerra è gossip, si può scrivere tutto e il suo contrario, ma la sentenza è già emessa a priori. «Fatti, fatti, nient’altro che fatti», recitava una regola aurea del giornalismo, e aggiungeva: «Tanti piselli un tanto al sacchetto». Gossip è assicurare che il sacchetto è pieno, o vuoto, perché a qualcuno conviene dire così, e allora fidatevi, non vale la pena ficcare il naso. Ma chi dice di fare informazione dovrebbe fare di tutto per mostrarci il contenuto del sacchetto, e poi, magari, farsi da parte, ché le conclusioni proviamo a tirarle per conto nostro.