Come abbiamo spiegato diverse volte, il mondo delle pubblicazioni scientifiche si basa sul sistema della peer review, ossia la revisione tra pari. Immaginate però di essere incaricati di fare tale revisione e che, guardando il nome dell’autore o autrice dell’articolo che vi hanno inviato, riconosciate il nome di un o una collega che ha ricevuto il premio Nobel. Sareste più inclini a promuovere l’articolo per la pubblicazione rispetto al caso in cui l’autore fosse uno sconosciuto? La risposta ovvia è che sì, la cosa non potrebbe che influenzare la valutazione. Ciò che è meno ovvio, e che ha rilevato uno studio, è che mediamente sareste sei volte più propensi a pubblicare quell’articolo. Questo, racconta Nature, ha sorpreso i ricercatori, che si aspettavano una distorsione della valutazione, ma non di questa portata.
Secondo lo studio, la revisione paritaria a doppio anonimato (double-anonymized, o double blind), in cui l’identità dei revisori viene tenuta nascosta agli autori e viceversa, produce risultati più obiettivi.
Il metodo di revisione più comunemente utilizzato dalle riviste scientifiche è quello in cui i nomi dei revisori rimangono sconosciuti agli autori, ma non viceversa (single-anonymized). Lo standard varia da una disciplina all’altra: quelle con una forte cultura del preprint, come la fisica, tendono a essere più aperte, mentre le riviste di scienze sociali e sanitarie spesso favoriscono un maggiore anonimato.
La revisione in doppio anonimato può essere difficile da mettere in pratica per vari motivi: gli autori spesso rivelano accidentalmente la propria identità; i revisori possono indovinare l’identità degli autori o trovare l’articolo con una ricerca su internet; inoltre la diffusione del preprint rende la possibilità di una revisione con doppio anonimato meno fattibile.
Ci sono anche “distorsioni positive” portate dal metodo single-anonymized. La conoscenza del prestigio dell’autore di un articolo potrebbe per esempio accrescere la disponibilità del revisore ad accettare un risultato che va contro le sue convinzioni. Ma in realtà lo studio ha rilevato che le opinioni dei revisori sono cambiate in tutte e sei le misure su cui sono stati interrogati, tra cui la validità del soggetto, la novità delle informazioni e il sostegno delle conclusioni. Tutti aspetti non dovrebbero essere influenzati dalla conoscenza dell’autore o autrice.
Per verificare se un sistema obbligatorio di doppio anonimato possa effettivamente ridurre gli errori di valutazione, altri ricercatori hanno esaminato i lavori presentati a 57 riviste pubblicate da IOP Publishing, una sussidiaria dell’Institute of Physics. L’editore, spiega Nature, ha annunciato a novembre 2020 che avrebbe introdotto gradualmente la revisione in doppio anonimato facoltativa.
Il team di ricerca ha riscontrato che l’anonimizzazione ha aumentato del 5,6 per cento il tasso di accettazione per gli autori poco conosciuti, mentre l’ha ridotto del 2,2 per cento per gli autori più celebri. Questo aumento potrebbe aiutare coloro che faticano a vedere riconosciuto il valore dei propri studi perché non (ancora) molto noti.
Nonostante i vantaggi, pochi autori si avvalgono di questa opzione. Nello studio di IOP Publishing, poco più di un quinto dei ricercatori ha scelto di rimanere anonimo dopo l’introduzione della doppia revisione anonima.
Un’altra opzione che sta diventando sempre più popolare è la revisione trasparente, conclude Nature, in cui le recensioni sono rese pubbliche. Un altro modello, oltre alla tripla anonimizzazione (in cui anche l’editore è all’oscuro delle identità di autori e revisori), è la revisione aperta, in cui l’identità di ognuno è pubblica. Ogni metodo presenta vantaggi e svantaggi, ma di certo il sistema generale della revisione paritaria non è in discussione.
(Foto di Ante Hamersmit su Unsplash)
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