Il livello della discussione relativa alle unioni civili e alla stepchild adoption può forse essere visto come il risultato del rifiuto della politica italiana di occuparsi di un’attività fondamentale per lo sviluppo della persona: l’educazione sessuale. Siamo tra i pochi Paesi in Europa in cui nelle scuole non è stato formalizzato alcun programma ministeriale per educare gli studenti a un aspetto della vita fondamentale per il loro percorso di crescita, quanto disseminato di rischi se affrontato senza informazioni o, peggio, con informazioni sbagliate. Oltre all’Italia, gli unici altri Stati in cui l’educazione sessuale non è prevista sono Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonio, Romania e Regno Unito. Lo spiega uno studio del Parlamento europeo del 2013, che ha analizzato la situazione dell’Unione. Le pratiche più virtuose in materia di educazione sessuale sono invece state osservate nel Benelux, negli Stati del Nord, in Francia e Germania.
Sotto l’etichetta “educazione sessuale” finiscono programmi e modalità molto diverse tra loro: ogni Paese ha i propri criteri nel trattare la materia, sia in termini di scelta dell’età in cui affrontarla, modalità d’insegnamento, profilo di chi la insegna, ecc. Le scelte chiaramente influenzano il suo maggiore o minore impatto sui ragazzi e sul loro sviluppo. Ciò che non varia (come in molti non vogliono capire o ammettere in Italia) è però la consapevolezza dell’utilità di un’educazione su questo tema. Le informazioni sul sesso, comunque la si voglia vedere, circolano tra i giovani attraverso canali diversi, formali e informali. Silenziare i primi in favore dei secondi può portare a una non sufficiente informazione in merito a rischi quali gravidanze o malattie. Tra le fonti informali rientra anche la famiglia, ma non è sempre (o forse non lo è quasi mai) un ambito in cui i giovani sono a proprio agio nel chiedere o ricevere questo tipo di informazioni. Così le cercano altrove, in maniera difficilmente controllabile da parte degli adulti.
Spesso si pensa che parlare di educazione sessuale a scuola equivalga a incentivare una più precoce e intensa vita sessuale in giovani giudicati ancora immaturi per averne una. Invece le statistiche dicono che dove non si fa educazione sessuale mediamente i giovani hanno rapporti a un’età inferiore, ma non essendo pienamente informati sul tema, per esempio, della contraccezione, sono più frequenti i casi di gravidanze indesiderate o trasmissioni di malattie. Può essere una verità scomoda per chi preferirebbe che calasse il silenzio, ma sono fatti (qui una serie di statistiche in merito). «I media moderni, soprattutto cellulari e internet, sono diventati in un brevissimo arco di tempo importanti fonti di informazioni – si legge su un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità –. Tuttavia, molte di queste informazioni, soprattutto quelle inerenti la sessualità, sono distorte, non equilibrate, irrealistiche e spesso degradanti, specialmente per le donne (pornografia su internet). È perciò comparsa una nuova ragione a favore dell’educazione sessuale, vale a dire la necessità di contrastare e correggere le informazioni e le immagini fuorvianti veicolate dai media».
In Europa abbiamo il grande vantaggio di avere una lunga esperienza da cui attingere, quella dei Paesi del Nord. Sarebbe il caso di studiare e, nel caso, copiare i loro sistemi. Un tema che spaventa molti è il fatto di cominciare molto presto a trattare questi temi. Uno dei concetti su cui insiste il documento dell’Oms è che non si deve parlare di educazione sessuale tout court, ma di programmi e risposte adeguati per l’età e lo sviluppo del bambino. Si tratta di una materia complessa e multidisciplinare, che però in qualche modo va affrontata. Il contesto culturale di ogni Paese ha le proprie peculiarità e sarebbe difficile introdurre dei programmi omogenei in tutta l’Unione. Si possono però stabilire degli standard e dei principi (e l’Oms lo fa) sui quali ogni Stato possa costruire i propri programmi e le proprie modalità. Sul sito ValigiaBlu si può seguire la ricostruzione delle proposte (costantemente bocciate) fatte nel corso degli anni per introdurre la materia nei percorsi curriculari italiani. Purtroppo le uniche iniziative fatte finora a livello ministeriale sono state episodiche e di scarsa qualità, con ricadute nulle. Tutto è lasciato all’iniziativa di dirigenti scolastici, insegnanti, associazioni, ecc., con risultati molto eterogenei.
Lo studio dell’Oms ricorda quali sono gli obiettivi che deve perseguire l’educazione sessuale. Li riportiamo in chiusura e li usiamo per chiedere alla politica di fare presto, perché abbiamo fretta di vivere in un Paese civile: 1. Contribuire a un clima sociale di tolleranza, apertura e rispetto verso la sessualità e verso stili di vita, atteggiamenti e valori differenti. 2. Rispettare la diversità sessuale e le differenze di genere, essere consapevoli dell’identità sessuale e dei ruoli di genere. 3. Mettere in grado le persone, attraverso un processo di empowerment, di fare scelte informate e consapevoli e di agire in modo responsabile verso se stessi e il proprio partner. 4. Avere consapevolezza e conoscenza del corpo umano, del suo sviluppo e delle sue funzioni, in particolare per quanto attiene la sessualità. 5. Essere in grado di svilupparsi e maturare come essere sessuale, vale a dire imparare a esprimere sentimenti e bisogni, vivere piacevolmente la sessualità, sviluppare i propri ruoli di genere e la propria identità sessuale. 6. Acquisire informazioni adeguate sugli aspetti fisici, cognitivi, sociali, affettivi e culturali della sessualità, della contraccezione, della prolassi delle infezioni sessualmente trasmesse (Ist) e dell’Hiv, della violenza sessuale. 7. Avere le competenze necessarie per gestire tutti gli aspetti della sessualità e delle relazioni. 8. Acquisire informazioni sull’esistenza e le modalità di accesso ai servizi di consulenza e ai servizi sanitari, particolarmente in caso di problemi e domande relativi alla sessualità. 9. Riflettere sulla sessualità e sulle diverse norme e valori con riguardo ai diritti umani al fine di maturare la propria opinione in maniera critica. 10. Essere in grado di instaurare relazioni (sessuali) paritarie in cui vi siano comprensione reciproca e rispetto per i bisogni e i con ni reciproci. Ciò contribuisce alla prevenzione dell’abuso e della violenza sessuale. 11. Essere in grado di comunicare rispetto a sessualità, emozioni e relazioni, avendo a disposizione il linguaggio adatto.