Aiutare le persone che sono finite nella spirale delle pseudoscienze (o teorie cospiratorie/negazioniste di vario tipo) non è facile. Talvolta, anche con le migliori intenzioni, si finisce per favorire un ulteriore radicamento delle loro convinzioni. In certi casi è proprio l’atteggiamento degli scienziati a peggiorare le cose, quando pongono se stessi e le proprie conoscenze su un piano troppo distante da quello del proprio interlocutore.

La testata Nautilus ha chiesto a un ricercatore dell’università di Boston, Lee McIntyre, di rispondere a questa domanda: come si fa a portare verso la scienza le persone che credono alle pseudoscienze? Vediamo di seguito una sintesi della sua risposta.

«Non dobbiamo essere sprezzanti verso le persone che credono nella pseudoscienza. In molti casi si tratta di vittime cadute nella trappola della disinformazione, spesso tesa da soggetti che ne traggono profitto. La maggior parte delle persone non si considera negazionista della scienza. Spesso dicono cose come: “Ho fatto le mie ricerche”. Sono convinte di basare le proprie convinzioni su qualcosa che è stato testato e dimostrato.

Pensate a un istruttore di yoga che dà lezioni sul benessere e sullo stress. Questo è ottimo, e forse è realmente d’aiuto per alcuni. Un giorno, però, l’istruttore magari inizia a esprimere opinioni no-vax, che magari qualcuno prende sul serio. Poi questo qualcuno fa “le sue ricerche” su internet e trova tante altre persone con le stesse preoccupazioni. Poi va dal suo medico e gli racconta tutto questo, e il medico gli dice: “Sono sorpreso di te. Come può una persona dotata di ingegno prendere sul serio cose del genere? È ridicolo”. Ecco un ego ferito. A quel punto, basta che la persona guardi qualche altro video su YouTube e vada a una convention no-vax ed ecco che ci si ritroverà con un no-vax fatto e finito. Ecco perché è importante che le persone che credono nella scienza sottoposta a revisione paritaria trattino i negazionisti con rispetto: per non spingerli ulteriormente in una via senza uscita.

La risposta appropriata alle persone che hanno “fatto le proprie ricerche” è dire loro: “Fantastico, qui però stiamo parlando di dati. Pensi di avere prove che dimostrano ciò che dici? Diamogli un’occhiata”. Sapete già cosa troverete: uno studio non sottoposto a revisione tra pari, già respinto dal 99,9 per cento della comunità scientifica. Il problema è affidarsi alle persone sbagliate.

Una tattica che talvolta ho usato è stata dire: “Sembra che tu creda nella scienza. Le tue convinzioni si basano su fatti provati, giusto?”. Invariabilmente l’interlocutore vi dirà di sì. “Allora rispondi a una domanda: quale prova, se esistesse, ti convincerebbe che ti sbagli?”. Se non riesce a rispondere, il passo successivo è far notare che non sta ragionando come uno scienziato. Gli scienziati basano le proprie convinzioni sulle prove. Se ricreassimo l’esperimento su cui si sono formate le sue convinzioni e non riuscissimo a farlo funzionare, non li convinceremmo di essersi sbagliati?

L’ego è un elemento molto forte: non si può convincere qualcuno che non vuole essere convinto. Puoi dirgli che il cielo è blu, ma se a loro non piaci ti diranno: “No, non lo è, è un’illusione ottica”. È una conversazione difficile perché si parla a persone la cui base di conoscenze è minima rispetto a quella degli scienziati. È come discutere nel corridoio dell’aereo su chi dovrebbe pilotarlo, se il pilota o il tizio seduto al posto 37J. È semplicemente ridicolo. Ma la realtà è che se si prende sul serio l’idea che i negazionisti della scienza sono vittime e si sono fidati delle persone sbagliate, allora si può smontare parte della macchina della disinformazione.

Lo stesso vale per gli scienziati. Spesso si pongono con un atteggiamento che non va bene, che suona come: “Noi sappiamo tutto, siamo scienziati, fidatevi di noi, la vostra conoscenza è un granello di sabbia rispetto alla nostra”. Il modo più efficace con cui noi scienziati possiamo dare un contributo è dire che non sappiamo tutto, ma che possiamo mostrare ciò che sappiamo e perché. Spiegare gli esperimenti che abbiamo fatto, le domande che ci stiamo ancora ponendo, il lavoro che stiamo ancora facendo per cercare di definire i punti non chiariti. Esprimere questo tipo di umiltà e abbracciare l’incertezza aiuta a costruire fiducia anziché distruggerla. È solo quando riusciamo a farci ascoltare che la persona di fronte a noi prenderà in considerazione le nostre informazioni. Così come le persone possono entrare nel buco nero della pseudoscienza, possono anche uscirne».

(Foto di Hal Gatewood su Unsplash)

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