Il programma Erasmus è nato 35 anni fa per dare agli studenti europei la possibilità di studiare e vivere all’estero. Ma le borse non coprono i costi economici per le persone meno abbienti, che ne restano quindi escluse. Un articolo dello European Data Journalism Network pubblicato in italiano da Voxeurop.
Dei quattro mesi che Cristina ha trascorso a Londra in Erasmus, due li ha passati condividendo il letto con un’amica di Madrid. “Ho rischiato di dormire in un salotto, trasformato in camera da letto con una tenda divisoria, se non fosse stato per un’amica che è partita e ha lasciato libera la sua stanza”, racconta della sua esperienza tra il 2014 e il 2015.
Claudia, di Granada, ricorda come la sua dieta e la sua vita sociale fossero molto peggiorate nonostante gli sforzi economici fatti dai suoi genitori per permetterle di godersi alcuni mesi a Cambridge una quindicina di anni fa.
Juan ha rinunciato quando ha visto che avrebbe ricevuto solo 300 euro al mese: “Era totalmente irrealizzabile. Volevo andare in Inghilterra e avrei dovuto cercare diversi lavoretti, cosa che mi avrebbe impedito di andare a lezione”, spiega.
Il programma Erasmus nasce per dare a tutti gli studenti europei la possibilità di vivere un’esperienza all’estero. La riflessione alla base del progetto era duplice: gli studenti si sarebbero arricchiti accademicamente, acquisendo preziose competenze lavorative per il futuro e, allo stesso tempo, questi scambi avrebbero rafforzato la coesione europea. L’Erasmus ha abbattuto le barriere geografiche e culturali e ha aumentato il potenziale della costruzione di futuro più europeo.
Eppure, da quando è iniziato 35 anni fa, il programma ha un difetto fondamentale: nonostante le borse Erasmus, vi può accedere solo chi può contare su un sostegno economico. Il bisogno di risorse economiche che vanno ad aggiungersi alle borse di studio, o anche solo quanto basta per non dover lavorare, ha creato una disuguaglianza che è rimasta nascosta nella narrativa sul successo degli oltre 10 milioni di partecipanti, racconta questa analisi, realizzata in collaborazione tra Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa e l’European Data Journalism Network, di cui fa parte Voxeurop.
La Commissione europea è consapevole di questa disuguaglianza, spiega Tibor Navracsics, commissario europeo per l’Istruzione, la cultura, la gioventù e lo sport nel periodo 2014-2019: “C’è un enorme divario tra gli stati membri che minaccia di dividere l’Ue:dobbiamo ridurre questo divario”.
Il diverso tenore di vita tra le città è a malapena coperto dai contributi delle borse. Nonostante esistano solo tre categorie per classificare i paesi a seconda del costo della vita (più sviluppati, in transizione e meno sviluppati), le differenze tra le città europee possono essere enormi. Come si può vedere nel grafico sottostante, un biglietto dell’autobus o del treno costa tre volte più a Eindhoven (Paesi Bassi) che a Siviglia (4,27 euro rispetto a 1,40 a Siviglia). Un pasto da McDonald’s costerà 4,40 euro in Ungheria rispetto a 12,60 in Islanda, con un aumento del 184 per cento.
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(Foto di Brooke Cagle su Unsplash )
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