Pur essendo l’unica tecnologia che permette di dilatare il tempo della fertilità, in Italia la procreazione medicalmente assistita è ancora una soluzione poco accessibile, per i costi elevati, la scarsa disponibilità in alcuni territori e le limitazioni nei confronti delle donne che non sono in una coppia eterosessuale. Un’analisi di inGenere a partire dai dati.

Come sappiamo ormai da tempo, le giovani generazioni hanno progressivamente spostato in avanti l’età in cui vogliono o possono raggiungere i loro obiettivi di vita. Si studia più a lungo, si adottano strategie per avere un lavoro all’altezza delle proprie aspettative, si sperimentano relazioni affettive alla ricerca di un partner con cui mettere su famiglia.

Nel ciclo di vita delle donne, tuttavia, la finestra temporale utile per avere insieme un lavoro “buono” e diventare madri si restringe fortemente, tra il momento in cui è stato raggiunto il primo obiettivo e quello in cui è ormai troppo tardi per conseguire il secondo. Sempre che, nel frattempo, sia stata raggiunta anche un’adeguata stabilità affettiva. Troppe variabili da far coincidere in un arco di tempo limitato. Come dilatare questo intervallo di vita troppo stretto?

I modi possono essere solo due: da giovani, le donne possono limitare la fecondità, per concentrare tutte le proprie energie nella ricerca di un lavoro appagante. Obiettivo raggiunto. Non quello del lavoro, ma quello strumentale e intermedio di limitare la fecondità, grazie alla disponibilità di mezzi contraccettivi su cui non poteva contare la generazione delle loro madri. Infatti, i tassi specifici di fecondità (per classe annuale di età) diminuiscono prima dei 32 anni e aumentano dopo: risultato, l’età media al parto nel 2023 risulta pari a 32,5 anni per il totale delle donne residenti in Italia, e ancora più alta per le sole italiane (33), superiore a quella media europea, dove c’è una tendenza simile, ma un po’ meno intensa. Nella media dei paesi Ocse, in quarant’anni l’età media delle donne al parto è aumentata di quattro anni.

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(Foto di Heather Mount su Unsplash)

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