L’invasione dell’esercito russo in Ucraina ha bruscamente interrotto l’impressione (forse l’illusione) che la storia, dopo i grandi avvenimenti del Novecento, si fosse in qualche modo fermata. Il Post propone un’analisi di uno dei concetti più noti e controversi in questo senso, quello della presunta “fine della storia”.

La guerra in Ucraina e gli avvenimenti violenti ed eclatanti delle ultime settimane, che hanno provocato la morte di centinaia di persone e il cui impatto riguarda la vita di milioni di altre, hanno determinato una situazione di estrema incertezza politica in cui risulta oggettivamente molto difficile sia prevedere lo sviluppo e le conseguenze del conflitto su scala mondiale sia assumere prospettive in grado di ripensare l’attualità in termini storici.

«L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia segna una svolta decisiva nella storia europea», ha detto martedì scorso il presidente del Consiglio Mario Draghi introducendo un suo discorso in Senato in cui ha successivamente citato anche lo storico e politologo americano Robert Kagan: «la giungla della storia è tornata».

L’espressione di Kagan utilizzata da Draghi e il riferimento al ritorno della storia potrebbero risultare poco comprensibili senza un richiamo alla letteratura storiografica da cui provengono: il saggio di filosofia politica La fine della storia, scritto nel 1992 dal celebre politologo americano Francis Fukuyama, e le numerose riflessioni che ha generato nel corso degli ultimi trent’anni. Nel saggio, uscito dopo la caduta del muro di Berlino e preceduto dalla pubblicazione di un breve testo sullo stesso tema, Fukuyama formulò un concetto divenuto poi centrale – e molto spesso contestato – in molte analisi della contemporaneità nei paesi occidentali.

La fine della storia

L’idea espressa all’epoca da Fukuyama era che, in seguito alla fine della Guerra fredda e alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, la diffusione mondiale delle democrazie liberali e del capitalismo di libero mercato dell’Occidente sarebbe emersa come punto d’arrivo di un’evoluzione socioeconomica e culturale ineluttabile dell’umanità. Il che naturalmente non implica una conclusione della storia in senso stretto, una fine degli avvenimenti. «La fine della storia si può attestare come stadio ultimo della evoluzione ideologica dell’umanità e l’universalizzazione della democrazia liberale occidentale come forma di governo umano definitiva», scrisse Fukuyama.

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(Foto di Heather Zabriskie su Unsplash)

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