Un tempo ci capitava più spesso di segnalarlo, ma la cosa non ha smesso di ripetersi. Quando si parla di tagli, riforme, iniziative legislative, al terzo settore serve sempre un “secondo passaggio” per ottenere dei risultati.

Fortunato il gioco di parole, spiacevole la dinamica. Nel corso degli anni ci siamo occupati spesso (e continuiamo a farlo) di 5 per mille, di Servizio civile universale, di agevolazioni fiscali (come la cosiddetta “Più dai meno versi”). In questi giorni è ricapitato con il “Superbonus”. La dinamica è sempre simile. Da un lato il governo dà, per poi togliere, per poi (dopo le proteste) restituire, prendendosi il merito.

Forse siamo ancora un po’ criptici per chi non segue da tempo queste faccende. Proviamo a chiarire facendo un esempio: la legge sul 5 per mille. Fu istituita tra il 2005 e il 2006 in via sperimentale, per poi essere rinnovata di anno in anno, fino alla stabilizzazione definitiva nel 2014. Dietro l’apparente linearità del processo si nasconde però l’estrema variabilità del tetto massimo di spesa, che negli anni è cambiato moltissime volte. Se il governo non mette fondi sufficienti a coprire le preferenze espresse dai contribuenti, molte di quelle scelte non saranno rispettate, e dal 5 si scende a un 4 virgola qualcosa per mille. Nel corso degli anni, dopo le proteste delle associazioni, le coperture sono state trovate nella maggior parte dei casi. Al secondo passaggio.

Storia simile ha conosciuto il servizio civile volontario, istituito dopo la fine del servizio di leva obbligatoria e nel corso degli anni finanziato con cifre che sono cambiate molte volte, mettendone a rischio l’accesso, anche dopo che ha preso la denominazione “universale” nel 2017. A seconda dei fondi stanziati, infatti, negli anni sono variati molto i posti disponibili. E anche in questo caso si è verificata spesso la dinamica del secondo passaggio, con annunci di tagli ai quali seguivano proteste, alle quali seguiva il ripristino (non sempre integrale) dei fondi.

Queste riflessioni ci sono tornate in mente quando l’attuale governo si è ravveduto rispetto all’idea di tagliare l’accesso al bonus 110% al terzo settore. Anche qui è avvenuta quella dinamica che abbiamo descritto fin qui, e che negli anni abbiamo denunciato tante volte, rivolgendoci a governi di ogni colore politico. Lasciamo quindi concludere il ragionamento alla portavoce del Forum del terzo settore, Vanessa Pallucchi, che ne ha parlato in un’intervista su Vita: “Ci fa piacere che la questione che abbiamo sollevato sia stata presa in carico politicamente e siamo contenti perché se tante organizzazioni ci hanno sollecitato perché fosse loro restituita questa opportunità, significa che la vogliono cogliere. D’altra parte però c’è l’amarezza legata al fatto che il Terzo settore deve sempre chiedere e sollecitare un ‘secondo passaggio’ per essere riconosciuto, deve sempre rientrare nelle misure in seconda battuta: perché la politica non ci pensa da sola? Perché il Terzo settore non deve entrare nelle cose in prima battuta? Le nostre realtà sono quelle che provvedono ai bisogni sociali di prossimità, ai soggetti più fragili che dovrebbero essere i più tutelati, sono quelli che mettono in circolo meccanismi virtuosi: è oggettivamente diverso se le risorse pubbliche vengono utilizzate tramite il 110% per l’efficientamento del patrimonio edilizio di un grande proprietario immobiliare o da una RSA che in questo modo riesce a dare un servizio migliore agli anziani che ospita”.

(Immagine da freepik)

Può funzionare ancora meglio

Il sistema trasfusionale italiano funziona grazie alle persone che ogni giorno scelgono di donare sangue, per il benessere di tutti. Vuoi essere una di quelle persone?

Si comincia da qui