L’ultimo rapporto ActionAid e Openpolis sul tema delle migrazioni si intitola “Il vuoto dell’accoglienza”. Il titolo sottolinea e racchiude due aspetti centrali: da un lato il vuoto delle scelte non fatte per migliorare il sistema, dall’altro l’eccedenza di posti disponibili rispetto alla domanda, contrariamente alla narrazione dell’”invasione”.

Il primo problema si sostanzia in una gestione dei flussi migratori che continua a essere di tipo emergenziale, quando invece si tratta di un fenomeno costante e normale, pur con i suoi picchi in un senso e nell’altro.

«I centri di accoglienza straordinaria (Cas) continuano nel 2021 ad essere maggioritari – spiega Openpolis –, rispetto al sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Oltre il 60% dei richiedenti asilo e rifugiati è ospitato nei Cas, a conferma di una tendenza consolidata, che dura ormai da anni, e a dimostrazione della volontà politica di affrontare un fenomeno strutturale come quello migratorio con un approccio del tutto emergenziale».

Il fenomeno migratorio dovrebbe essere gestito con strumenti diversi, se non fosse che fa più comodo in termini di supporto elettorale sfruttare la paura di una presunta invasione per spostare l’attenzione da temi più spinosi. «A differenza di una comunicazione politica forzata da esigenze elettorali e propagandistiche, la realtà, tuttavia, ci parla di un sistema in continua e costante contrazione. Innanzitutto per via del numero degli arrivi, calato drasticamente dal 2018 al 2021».

Che non si tratti di “contropropaganda” è sancito dai dati, che parlano di un’eccedenza di posti disponibili: «A fronte di una significativa tendenza alla chiusura dei centri – circa 3mila 500 in meno in tre anni – erano oltre 20mila i posti liberi nelle strutture alla fine del 2021». Questo potrebbe portare alla conclusione che sia quindi giusto procedere allo smantellamento dell’accoglienza, dato che il sistema è sovradimensionato rispetto all’entità  del fenomeno. In realtà però il numero di posti disponibili racconta solo un pezzo della storia. A fare la differenza sono le tipologie di servizi e di approcci che si attivano, che richiedono investimenti e professionalità adeguate.

È noto che i cosiddetti “decreti sicurezza” hanno cancellato il sistema di accoglienza diffusa (i cosiddetti Sprar), che promuoveva un approccio non emergenziale e che andava quindi potenziato.

Nonostante i problemi che di tanto in tanto si concentrano in alcuni punti (in particolare negli hotspot come quello di Lampedusa), «non solo che non c’è un’ “invasione” di migranti nel paese, ma che anche l’assunto di “un’accoglienza al collasso” è totalmente senza fondamento», scrive Eleonora Camilli su Redattore Sociale. Ciò non equivale a dire che va tutto bene: «È evidente che l’assenza di pianificazione provoca una emergenza reale, mentre si grida a un’invasione che non c’è e al sistema al collasso, senza accennare alle responsabilità, addossando anche gli esiti di scelte sbagliate dell’amministrazione sulle spalle delle persone migranti», ha spiegato Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni di ActionAid.

Un ulteriore problema che impedisce di valutare la situazione è la reticenza delle autorità a fornire dati. Quelli alla base del rapporto sono arrivati alla fine di battaglie legali intentate dalle due associazioni, mentre si tratta di dati che il ministero competente sarebbe tenuto d’ufficio a diffondere periodicamente.

(Foto di Enrica Tancioni su Unsplash)

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