Tra i motivi per cui le piogge anomale di questi ultimi anni stanno producendo danni enormi c’è il consumo di suolo, che rende molto più probabili gli ingrossamenti e le esondazioni di fiumi e torrenti. Ne ha scritto Paolo Pileri nel libro Dalla parte del suolo, di cui il Tascabile ha pubblicato un estratto.
Chi ha mai avuto l’occasione di sfogliare un qualsiasi piano urbanistico si sarà imbattuto nelle tavole che descrivono lo stato d’uso dei suoli – abitativo, produttivo, commerciale, agricolo, naturale – e le previsioni di ciò che sarà urbanizzato, se e quando il piano verrà attuato. Accanto a ogni area trasformabile, il piano precisa la destinazione d’uso usando sigle che rimandano ad altre sezioni (piano delle regole, norme di attuazione…) da dove si ricavano le dimensioni del volume o delle superfici edificabili, i parametri tecnico-urbanistici, la percentuale di area che l’edificio potrà coprire, il numero di piani e altri parametri edilizi e urbanistici. Oltre al mosaico colorato del “già urbanizzato o urbanizzabile” quel che rimane è senza nome e colore, “area bianca” senza identità, come a sottolineare che ciò che conta è ciò che è o sarà volume edilizio o infrastruttura, non i suoli liberi, agricoli o naturali. Oggi non è più così, o almeno non sempre, ma l’enfasi del costruito e costruibile continua a dominare la scena.
Quindi, per capirci: la tavola di piano si occupa degli usi dei suoli e non dei suoli. Questi ultimi non sono descritti da nessuna parte o, al limite, solo accennati in un mezzo paragrafo dentro la relazione urbanistica. Ma vi è un altro, curioso, particolare della tavola di piano: è materialmente un foglio di carta, cioè una superficie. E qui entra in gioco, pur incidentalmente, un potente slittamento semantico. Senza volerlo quel foglio di carta contribuisce a dare al suolo la consistenza di una superficie e così a tutte le forme del paesaggio che sono schiacciate a forza nella semplificazione bidimensionale. Il lettore non ha modo di sfuggire a questo piattume, finendo per accettare che, se la forma della rappresentazione urbanistica è piatta, anche il suolo è un piatto supporto funzionale ai volumi edilizi che – quelli sì – sono ben descritti e identificati. La riduzione cartografica, usuale e necessaria nel codice delle cose umane, potrebbe risultare ingannevole o “distraente”. Pur senza una espressa intenzionalità, la rappresentazione urbanistica finisce per fornire una visione terrapiattista, dove quel che conta è quella tavola piatta concentrata sul far da base alle richieste dei proprietari e alla loro aspettativa di rendita.
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