Il trasporto di ingredienti e prodotti alimentari rappresenta quasi un quinto di tutte le emissioni di anidride carbonica del sistema alimentare, una percentuale molto più grande di quanto si pensasse in precedenza. A dirlo è uno studio pubblicato il 20 giugno su Nature Food, che rappresenta la prima stima completa dell’impatto ambientale del settore alimentare a livello globale.

Il disboscamento dei terreni per l’agricoltura, l’allevamento del bestiame e il trasporto degli alimenti verso e dai negozi immettono una grande quantità di gas serra nell’atmosfera, spiega Nature. Secondo l’Onu la coltivazione, la lavorazione e il confezionamento degli alimenti sono responsabili di un terzo di tutte le emissioni di gas serra. Questa stima ha stimolato la produzione di un gran numero di studi che analizzano l’impatto dei sistemi alimentari sul clima, dall’eccessivo sfruttamento del suolo all’emissione di gas serra.

Ma la complessità del sistema alimentare ha reso difficile misurare quale sia l’impatto diretto in termini di anidride carbonica della fase del trasporto del cibo. In precedenza, spiega una delle ricercatrici che hanno lavorato allo studio in questione, la maggior parte delle ricerche tendeva a sottovalutare le emissioni dovute al trasporto perché si concentrava solo su quelle generate dallo spostamento di un singolo prodotto finito, ad esempio una tavoletta di cioccolato, verso e dal negozio. Questo approccio tende a non considerare la moltitudine di camion, navi e aerei coinvolti nella raccolta degli ingredienti necessari per produrre quella tavoletta.

Nel tentativo di colmare questa lacuna, un gruppo di ricercatori dell’Università di Sydney in Australia ha raccolto dati da 74 Paesi, esaminando la provenienza del cibo, la sua destinazione e il modo in cui si è spostato da un luogo all’altro. Hanno scoperto che, nel 2017, il trasporto di cibo ha immesso nell’atmosfera una quantità di emissioni pari a 7,5 volte quelle stimate in precedenza.

Secondo lo studio i Paesi ricchi sono responsabili della produzione di quasi la metà delle emissioni mondiali legate al trasporto di alimenti, nonostante rappresentino solo il 12 per cento circa della popolazione globale. I Paesi a basso reddito, dove vive circa la metà della popolazione mondiale, hanno invece generato solo il 20 per cento delle emissioni totali legate al trasporto di alimenti.

Questa differenza, spiega Nature, deriva in parte dal fatto che le nazioni ricche importano cibo da tutto il mondo. Inoltre, quando trasportano frutta e verdura fresche, utilizzano la refrigerazione, che ha un alto impatto in termini di emissioni di anidride carbonica. Il trasporto di frutta e verdura ha generato il doppio della quantità di CO2 prodotta dalla loro coltivazione.

Questo però non deve portare a pensare che una possibile soluzione al problema sia limitare la quantità di frutta e verdura nella propria dieta. Diversi studi hanno dimostrato che le diete a base vegetale hanno un minore impatto ambientale rispetto a quelle che prevedono un largo consumo di carni rosse, perché il bestiame richiede molta terra e produce gas serra. Secondo i ricercatori, ridurre il consumo di carni rosse e mangiare cibo prodotto localmente potrebbe aiutare i Paesi ricchi a ridurre il loro impatto sull’ambiente.

(Photo by Eduardo Casajús Gorostiaga on Unsplash)

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