Il sistema di salute, assistenza e previdenza in Italia sta mostrando segni di criticità, con le famiglie sempre più vulnerabili e incerte riguardo alla gestione della non autosufficienza. Secondo uno studio condotto dal Censis per Assindatcolf, il 45,3% delle famiglie ritiene prioritario il potenziamento dei servizi domiciliari, e il 49,1% delle famiglie dichiara di svolgere personalmente il ruolo di caregiver per un parente non autosufficiente, oltre al supporto di una badante.
Il rapporto evidenzia anche una crisi nel sistema pubblico di spesa sanitaria, con una previsione di riduzione dal 7,4% al 6,1% del PIL destinato alla sanità nel 2026. Le strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie attive sono circa 12.576, con una disponibilità di posti letto variabile tra le regioni. Inoltre, il cambiamento demografico del Paese, con un aumento degli anziani e una diminuzione della popolazione in età lavorativa, presenta sfide significative per il sistema di welfare. Il rapporto evidenzia che circa 6,8 milioni di pensioni sono inferiori ai 1.000 euro mensili, sottolineando ulteriori criticità nel sistema previdenziale italiano.
Il rapporto si sofferma sui bisogni di assistenza dei caregiver nel lungo termine. Il 58,7% delle famiglie considera prioritaria l’introduzione della deducibilità del lavoro domestico. Inoltre, il 46,3% ritiene necessario attivare servizi di assistenza domiciliare per i non autosufficienti, mentre il 18% chiede una semplificazione delle procedure di accesso a tali servizi. È importante sostenere il ruolo dei caregiver familiari, come sottolineato dal 15,4% delle famiglie. In effetti, come si diceva in apertura, quasi la metà dei partecipanti dichiara di essere personalmente caregiver di un parente non autosufficiente. Tuttavia, affrontare questa responsabilità comporta sfide significative: il 42,4% evidenzia la fatica fisica e lo stress associati alle cure, mentre il 24,7% lamenta i condizionamenti della quotidianità e la rinuncia a una vita autonoma. Inoltre, il 16,4% lamenta la mancanza di un riconoscimento istituzionale e di un compenso economico per il loro lavoro. Questo ha portato all’8% che ha dovuto rinunciare al lavoro o all’attività da cui deriva il reddito, mentre il 6,7% è preoccupato di arrecare danno all’assistito per mancanza di competenze.
Sul piano delle prospettive future, emerge che il 40,7% delle famiglie non si sente completamente sicuro riguardo alle proprie risorse economiche. C’è la paura che le disponibilità di reddito, patrimonio e risparmi possano non essere sufficienti in caso di imprevisti. In particolare, il 12,5% si sente completamente insicuro, consapevole che eventuali imprevisti potrebbero mettere la famiglia in seria difficoltà.
Nel bilancio tra fattori di protezione e fattori di rischio futuri, emerge che l’inabilità e la non autosufficienza sono considerati il maggior fattore di rischio (64,6%). Le malattie e la necessità di ricorrere a prestazioni sanitarie seguono come secondo fattore di rischio (51,2%), mentre la diminuzione dei redditi e del tenore di vita negli anni della vecchiaia preoccupa il 35,0% delle famiglie. La morte del principale portatore di reddito in famiglia rappresenta un ulteriore fattore di rischio, seguito dalla perdita del lavoro e dalla disoccupazione.
«Quella scattata dal Censis è l’immagine più efficace della distanza che si sta creando tra la domanda di protezione sociale delle famiglie e il progressivo mutamento del welfare del nostro Paese, che sembra aver smarrito la propria missione, lasciando senza risposta una parte crescente della popolazione». ha dichiarato Andrea Zini, presidente di Assindatcolf «In questo quadro, la gestione del rapporto domestico si è trasformata nel dispositivo di protezione sociale più diffuso, sebbene a totale carico delle famiglie. Questo, soprattutto in rapporto alla condizione della non autosufficienza, indubbiamente contribuisce ad alimentare lo stato di incertezza delle famiglie, che chiedono interventi mirati come la totale deduzione del costo del lavoro domestico. Il nostro auspicio è che, dopo i timidi segnali che abbiamo letto nella riforma della non autosufficienza, il Governo possa recepire questo appello e tradurlo in atti concreti, che siano davvero universali».
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