inondazione
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33 morti, 46 feriti e oltre 10mila sfollati. Non è il bollettino di un giorno di guerra, ma il contenuto del “Rapporto periodico sul rischio posto alla popolazione italiana da frane e inondazioni” pubblicato da Irpi-Cnr e relativo al 2014. La fragilità del territorio di fronte a eventi atmosferici particolarmente intensi e prolungati è ben nota a chi abita in Liguria, nel basso Piemonte e in tante altre zone dell’Italia: 19 regioni sono state colpite da un qualche tipo di calamità naturale. In cima alla lista, oltre alle due appena nominate, stanno Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana. «La Liguria risulta la prima – ha spiegato Paola Salvati, dell’Irpi-Cnr, ad Adnkronos – : gli eventi meteorici di gennaio, ottobre e novembre, hanno provocato cinque vittime in 34 comuni e 71 località. Seguono il Piemonte, con 48 località colpite e due persone decedute, la Lombardia, con 42 località e sei vittime, l’Emilia-Romagna, con 28 località interessate e un morto, e la Toscana, con 35 località colpite e 5 morti. Il comune più colpito è stato Genova, con oltre 20 località che contano vittime e sfollati, ma il comune con il più alto numero di vittime nel 2014 è stato Refrontolo, in Veneto, con la piena del torrente Lierza a Molinetto della Croda che ha provocato quattro morti e 20 feriti».

I dati rilevati sono in media con quelli degli ultimi decenni, visto che «Tra il 1964 e il 2013 sono state 1.989 le persone morte a causa di frane (1.291) e delle inondazioni (698), una media di circa 40 l’anno, 72 i dispersi e 2.561 i feriti. Nello stesso mezzo secolo sono stati interessati con vittime e sfollati 2.031 comuni, ovvero il 25 per cento dei comuni italiani». Il rischio idrogeologico è uno degli aspetti più delicati e drammatici che caratterizzano la vita nel nostro Paese. Ogni evento ambientale dai risvolti tragici viene presentato come eccezionale e imprevedibile, e così i nostri amministratori locali e nazionali provano a plasmare nei cittadini l’idea che tali avvenimenti siano conseguenza di ineluttabili fatalità. Ma il fatto che nel tempo i dati siano rimasti più o meno costanti indica che ogni anno è più o meno simile al precedente come numero e intensità di eventi atmosferici. Ci sono zone colpite di continuo, altre che all’improvviso si ritrovano a vivere situazioni di inedita drammaticità.

Non si può certo prevedere tutto, la meteorologia ha i suoi limiti, ma il calcolo del rischio è un esercizio più che possibile. Ciò che non si può prevedere si può comunque prevenire, in modo che le conseguenze per la popolazione siano ridotte al minimo. Invece ci ritroviamo puntualmente ad applaudire gli “angeli del fango” della situazione, perché dove non arriva lo Stato non si può che fare affidamento sui cittadini di buona volontà. Questi ultimi però ci sono e ci saranno sempre (per fortuna), ma dallo Stato ci si aspetta qualcosa in più, perché è l’unico soggetto che in una comunità può investire cifre e garantire competenze tali da affrontare compiti difficili come la messa in sicurezza del territorio. Perdonateci se sembriamo didascalici, ma vista la situazione occorre puntualizzare alcuni elementi che talvolta passano in secondo piano.

Non giocano a favore di un cambio di passo i tagli previsti per le Regioni nel 2015, che ammontano a 4 miliardi di euro, «più un miliardo e 700 milioni ereditato dalle sforbiciate delle manovre precedenti», come precisa il presidente del Piemonte Sergio Chiamparino. La sua regione dovrà affrontare un’ulteriore riduzione dei finanziamenti, 51 milioni di euro da fondi europei relativi al periodo 2007-2013 che il Piemonte, a quanto pare, non vedrà mai. Una piccola cifra rispetto ai tagli complessivi in programma, ma che assume maggiore gravità se si aggiunge che la Regione aveva pianificato di utilizzare questi soldi per affrontare il rischio idrogeologico. Il 2015 insomma sembra non cominciare bene per il territorio italiano. Non ci resta che sperare nella clemenza del clima.