Chiunque abbia avuto a che fare con la sanità in Italia, sa bene quanto gli infermieri siano una risorsa preziosa. Di sicuro, ce ne siamo accorti tutti durante la pandemia, quando il loro contributo a fianco del personale medico si è rivelato determinante. Un contributo spesso dato a costo di sacrifici, con rischi sanitari e di burnout molto concreti.

In Italia queste figure non sono abbastanza e, in un paese che sta progressivamente invecchiando, questo sarà sempre di più un problema. Il discorso vale anche per i medici, certo, ma il ruolo di assistenza è esercitato soprattutto dagli infermieri, il cui apporto è insostituibile.

Secondo la federazione che riunisce i professionisti del settore (Fnopi), «ne mancano, anche in base alle dimensioni regionali, quasi 27mila a Nord, circa 13mila al Centro e 23.500 al Sud e nelle Isole». Le stime sono confermate dai dati Ocse citati da Fnopi: «Il rapporto infermieri-abitanti in Italia è di 5,5-5,6 infermieri ogni mille abitanti, uno dei più bassi d’Europa secondo l’Ocse e il rapporto infermieri-medici, che dovrebbe essere secondo standard internazionali 1 a 3 è, sempre secondo l’Ocse, inferiore di 1 a 1,5».

Le dimensioni del fabbisogno aumentano ulteriormente se si guardano altre fonti: «Secondo il Rapporto Crea Sanità dell’Università di Tor Vergata, la carenza in base ai parametri europei sarebbe di almeno 162.972 infermieri se rapportati al complesso della popolazione e 272.811 se rapportati alla popolazione ultra 75enne, che è quella di riferimento soprattutto sul territorio».

I fondi del PNRR, se riusciremo a sfruttarli pienamente, permetteranno la costruzione di diversi nuovi istituti dedicati alla cura territoriale. Il rischio però è che si trovino molto in fretta i pazienti da destinare alle nuove strutture, che però resteranno carenti di nuove figure professionali sanitarie.

Tra i problemi, poi, oltre a un numero di laureati non sufficiente a colmare le carenze, c’è il fatto che in molti decidono di emigrare all’estero per svolgere la professione, attratti da prospettive professionali più solide e meglio remunerate. Secondo dati Ocse citati dalla testata specializzata Nurse24, «In media in tutti i paesi dell’UE, la retribuzione degli infermieri dipendenti nel 2020 era leggermente superiore al salario medio di tutti i lavoratori, ma in alcuni paesi (tra cui l’Italia, dove la differenza in euro a parità di potere di acquisto con la media dei paesi UE era nel 2020, ultimo anno di cui sono disponibili i dati, di quasi 10.000 euro l’anno e con quella dei paesi europei non UE di quasi 12.000, come riporta la Fnopi) gli infermieri guadagnavano meno del salario medio di tutti i lavoratori».

(Foto di SJ Objio su Unsplash)

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