Il successo del videogioco Pokémon Go pone in tutta la sua evidenza quale sarà il terreno sul quale si giocherà la concorrenza tra le grandi aziende: l’economia dell’attenzione. Da quando esistono gli smartphone e applicazioni come Facebook, l’utente medio ha iniziato a fare l’esperienza di un ambiente in cui le possibilità di “passare il tempo” sono potenzialmente infinite. Il news feed di Facebook, man mano che si prosegue con lo scrolling, propone contenuti sempre diversi, provenienti dai propri contatti, dalle pagine che si seguono o da link sponsorizzati. L’utente, con le proprie azioni (che oggi non sono più limitate al like ma comprendono altri tipi di “emozioni” chiamate reactions), fornisce importanti informazioni all’algoritmo dell’azienda di Menlo Park, che cercherà sempre (con l’aiuto di redattori in carne e ossa, incaricati di intervenire manualmente per promuovere alcuni contenuti) di fornirgli ciò che più gli potrebbe interessare.
È una modalità d’interazione sconosciuta fino a qualche anno fa. Il news feed fa rimbalzare continuamente la nostra attenzione su argomenti diversi, nella speranza di non annoiarci. Spesso poi si mette una reaction o si commentano articoli senza neanche leggerli, con una illusione di partecipazione e interazione tutta spostata verso la superficialità e l’assenza di informazione. Qualcosa di simile succede con altri social network, nonché con le applicazioni di messaggistica, che con le loro continue notifiche contribuiscono a calamitare l’attenzione dell’utente ovunque sia, qualunque cosa stia facendo.
Dinamiche simili vengono riprodotte, nel caso dei knowledge workers (lavoratori della conoscenza), nel loro rapporto con l’email, alla quale spesso si è convinti di dover rispondere immediatamente, in una gestione dei flussi lavorativi che viene continuamente interrotta e diventa facilmente caotica e disorganizzata (e quindi improduttiva, perché per rispondere alle mail non si finiscono i lavori). Pokémon Go, che sfrutta la realtà aumentata e le possibilità tecnologiche degli smartphone, sta riuscendo a fare ciò che i social network hanno insegnato negli ultimi anni: catturare l’attenzione dell’utente e tenerlo lì il più possibile.
L’obiettivo, ovviamente, è fare soldi (Facebook con le pubblicità, Pokémon Go con gli acquisti in-app e con sviluppi futuri che immaginiamo siano già in fase di elaborazione). Il blogger e sviluppatore informatico Cal Newport si occupa da tempo di fare informazione sull’importanza di saper gestire le proprie riserve di attenzione, per aumentare la propria produttività ma anche per migliorare il proprio stato d’animo, giacché l’esperienza di cominciare e portare a termine un lavoro in maniera coerente e in tempi certi agisce in maniera positiva sul nostro grado di soddisfazione rispetto alle nostre vite. In uno dei suoi ultimi post egli cita il ricercatore Matthew Crawford, che in uno dei suoi libri scrive (traduzione nostra): «Siamo agnostici a proposito di cosa meriti la nostra attenzione – cioè, a cosa dare valore».
L’aggressività con cui l’economia dell’attenzione si è scagliata sulle persone le ha colte alla sprovvista. Non abbiamo sufficiente coscienza di cosa stiamo perdendo nel momento in cui cediamo troppo facilmente a chi chiede la nostra attenzione, e a ciò che guadagneremmo se diventassimo padroni del nostro tempo. Se la distrazione viene in qualche modo pianificata, anch’essa può rientrare nelle nostre giornate senza fare danni. Ma se cediamo a qualunque notifica o alla tentazione di fare scrolling su Facebook, seguendo magari qualche link, ci troveremo presto a buttare via ore intere senza neanche rendercene conto. Dovendo poi affrontare la frustrazione per il rimpianto del tempo perduto.
Ciò che propongono Crawford e Newport è di prendere ispirazione dai mestieri in cui questa dispersione dell’attenzione non è ammessa, o non è prevista, e dalla loro “ecologia dell’attenzione”. Quando un artigiano comincia un lavoro vi si immerge completamente, diventa ricettivo su quella realtà a livelli impensabili per chi sta al di fuori. Le sue capacità migliorano perché ogni giorno fa esperienza di questa profondità, in cui per ore la sua mente è completamente rivolta a ciò che sta facendo. Potremmo chiamare anche questa “realtà aumentata”, e si può raggiungere senza costosi apparecchi tecnologici. Imparare a gestire la propria ecologia dell’attenzione è la nuova sfida contro chi vorrebbe, dall’esterno, portarci nel suo mondo e trarre profitto dalla nostra inclinazione alla distrazione.
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