A un’infrazione, deve corrispondere una sanzione. Ma come fare in modo che alla punizione segua la riabilitazione di chi l’ha commessa? Rispondere a questa domanda è fondamentale in qualsiasi società, organizzazione, associazione. Uno spunto interessante in questo senso arriva dallo sport. A Reggio Calabria, il 16 ottobre, nell’aula del Tribunale per i minorenni si è celebrata l’apertura della manifestazione socio-educativa Sportinfest, promossa dal Centro sportivo italiano locale. I cinquanta ragazzi e ragazze che hanno partecipato saranno i futuri arbitri di pallavolo, calcio e pallacanestro dei campionati oratoriali reggini. Tra loro, quattro ragazzi erano stati segnalati dall’autorità giudiziaria per violenze dentro e fuori dal campo.

Uno dei quattro era lì per avere aggredito un arbitro di calcio durante una partita. Mauro Berruto, ex direttore tecnico delle nazionali di pallavolo e tiro con l’arco, è intervenuto per lanciare un messaggio ai giovani: «Le regole sono negoziabili? – ha chiesto Berruto –. Rispettare le regole non è un accessorio, è una testimonianza. Qualunque cosa tu faccia o dica stai lanciando un messaggio molto forte per chi ti osserva».

Si tratta di un episodio che dice molto su ciò che si potrebbe e si dovrebbe fare anche in altri ambiti della società, per elaborare percorsi di riabilitazione e lanciare messaggi positivi a chi osserva. Spesso infatti questo tipo di provvedimenti e atteggiamenti, forse paternalisti, sono indirizzati ai giovani da un mondo “adulto”, che però non è altrettanto capace di darsi le stesse regole e applicare lo stesso rigore (non ci riferiamo alle persone coinvolte nell’esempio appena riportato, è un discorso più generale).

Spesso il mondo della politica, del lavoro, e anche dell’associazionismo fanno investimenti su progetti di educazione e sensibilizzazione, puntando giustamente ai giovani. Ma sono in grado di applicare a se stessi le norme e i principi che vanno diffondendo in tali (meritori) programmi? La risposta purtroppo è no, e la cosa è piuttosto grave perché, come dice Berruto, «Qualunque cosa tu faccia o dica stai lanciando un messaggio molto forte per chi ti osserva». E i messaggi che spesso arrivano a chi osserva sono: “Attaccati a qualunque cavillo, l’importante è spuntarla”, oppure “Se nessuno se ne accorge, vai tranquillo”, o ancora “Se le regole non ti danno ragione, cerca di cambiarle”. Si potrebbe continuare all’infinito con altri “aforismi” che chiunque troverebbe familiari.

Stiamo crescendo una generazione che probabilmente avrà qualche difficoltà a credere che la teoria e la pratica abbiano una qualche correlazione. Se insegni dei principi, ma le tue azioni le contraddicono sistematicamente, il messaggio che stai dando è “Studia la teoria, ma liberatene il prima possibile”. Intendiamoci, nessuno è irreprensibile: prima o poi chiunque nella vita ha fatto (o farà) qualcosa che contraddice i suoi principi più radicati. Il punto però è ammetterlo, chiedere scusa, imparare dai propri errori, e quando è il caso farsi da parte. Non, come spesso accade, aggredire l’arbitro. Se lo fai, allora forse è necessario che ci sia un’autorità votata a stabilire un percorso di riabilitazione, che passi innanzitutto dallo studio dei fondamentali e dalla loro applicazione (possibilmente sotto una qualche forma di vigilanza). Con i giovani spesso funziona. Forse è il caso di prendere esempio da loro, e applicare gli stessi criteri al mondo (cosiddetto) “adulto”.

(Foto di Marco Verch su flickr)