Foto di Martin Krolikowski

In questi giorni la rete si sta mobilitando contro un accorto multilaterale conosciuto con la sigla Acta, che sta per “Anti counterfeiting trade agreement”. Una norma contro la pirateria e per la tutela del diritto d’autore online. Sul principio generale niente da dire. Tuttavia, a leggere i diversi articoli che compongono il documento, sembra delinearsi un vero e proprio tentativo di dare mandato agli Stati che lo adotteranno di controllare e perseguire i comportamenti degli utenti. Ossia quello che Jacques Attali, economista e saggista francese, definisce senza mezzi termini «una sorveglianza generalizzata dei consumatori e dei cittadini, che trasforma gli Stati in ausiliari di polizia al servizio delle grandi imprese».

Per capire meglio di che si tratta, abbiamo tradotto parte dell’articolo comparso il 13 febbraio sul blog di Attali. Il suo post, lungi dall’accodarsi al diffuso generico allarmismo che spesso si diffonde sul web, spiega punto per punto le minacce nascoste dietro ai diversi articoli.

«L’Acta considera qualsiasi scambio su internet una possibile minaccia di contraffazione. Obbliga gli Stati firmatari a imporre sanzioni penali ai fornitori di accesso alla rete che rifiuteranno di sorvegliare e censurare le comunicazioni online; l’articolo 27 autorizza anche a prendere “misure rapide per prevenire infrazioni future”, senza passare dal giudice, e affida a società private competenza di esercitare missioni di polizia (sorveglianza e raccolta di prove) e di giustizia (sanzioni); lo stesso articolo, che tratta dei “mezzi di distribuzione massiva di contraffazione”, permetterebbe di intervenire sulle piattaforme di blogging, le reti peer-to-peer e i programmi liberi.

Ancor più incredibile, l’articolo 23 autorizzerebbe un Paese firmatario a sanzionare penalmente attività gratuite, perché queste non dovrebbero essere esercitate, secondo l’Acta, che “su scala commerciale”: si potrebbe inoltre chiedere di far pagare l’invio di mail o la condivisione di file tra privati. Tutto il resto dell’accordo è sullo stesso tenore; esso potrebbe tra l’altro arrivare a considerare i farmaci generici come casi di contraffazione, cosa che porterebbe a impedirne l’uso.

Infine, e forse è la parte peggiore: una volta ratificato dai Parlamenti, questo accordo rifuggirà da ogni controllo democratico. L’articolo 36 crea infatti un oscuro “Comitato Acta” che, secondo l’articolo 42, avrebbe come scopo di imporre il rispetto di questo accordo da parte dei Paesi non firmatari; e sarebbe anche autorizzato a modificarne il contenuto, senza controllo da parte dei Parlamenti nazionali! Bisogna quindi opporsi assolutamente alla ratifica dell’Acta -conclude Attali-, affinché l’urgente messa in opera di una norma di diritto mondiale non segni l’arresto e la morte della democrazia, ma ne determini al contrario l’espansione su scala planetaria».

Se così stanno le cose, la preoccupazione è più che giustificata. In ogni caso, la querelle in corso non fa che confermare che sono sempre più i mercati a determinare le scelte della politica. Un accordo simile darebbe una tutela eccessiva del diritto d’autore, mentre a pagarne il prezzo sarebbe la libertà di condivisione del sapere, per non parlare dell’assurda pretesa di controllo invasivo del traffico internet da parte dei provider. A breve la Corte di giustizia dell’Unione europea si esprimerà sulla legalità dell’accordo. Ma la risposta più importante è quella politica, e ci auguriamo arrivi presto.