È di pochi giorni fa la pubblicazione del dossier di TuttoScuola sulla dispersione scolastica. I dati mostrano un calo nel numero di abbandoni da parte degli studenti, che però continuano a essere molti. Secondo una delle tabelle riportate nel report, nell’anno scolastico 1990/2000 la dispersione alle scuole superiori era pari al 36 per cento, mentre nel 2017 è scesa al 24 per cento. Nonostante la tendenza sia negativa, si tratta comunque di decine di migliaia di ragazzi e ragazze che, per un motivo o per un altro, non arrivano al diploma, vanificando così anni di studio. Le previsioni per l’anno in corso restano poco incoraggianti: «Dei 590 mila adolescenti che in questi giorni iniziano le scuole superiori statali, pieni di speranze e progetti, almeno 130 mila non arriveranno al diploma».
Prima di proseguire, occorre inserire una nota metodologica rispetto ai dati presentati. TuttoScuola infatti, a differenza del Ministero dell’istruzione, organizza i propri resoconti ragionando per quinquenni. Per fare un esempio, se nel 1995/96 si sono iscritti alla scuola (pubblica) secondaria superiore 588mila studenti, e nel 1990/2000 ne risultano iscritti solo 373mila, significa che 215mila si sono persi per strada. È una stima interessante, perché nelle statistiche ufficiali figurano come abbandoni solo quelli in cui lo studente, con la famiglia, va in segreteria a firmare una dichiarazione di rinuncia agli studi. La stragrande maggioranza di chi interrompe il proprio percorso scolastico, però, semplicemente smette di presentarsi in classe. Oppure, soprattutto a seguito di una bocciatura, si iscrive a una scuola privata (uscendo così dalle tabelle di TuttoScuola, che si occupa solo di scuole statali), dove mediamente ci si diploma più facilmente.
Il dato aggregato dei 19 quinquenni analizzati finora è impressionante: «3 milioni e mezzo di ragazzi italiani iscritti alle scuole superiori statali non hanno completato il corso di studi. Rappresentano il 30,6 per cento degli oltre 11 milioni di studenti (11.430.218) che si erano iscritti in questo arco di tempo alle scuole superiori statali. È quasi come se l’intera popolazione della Toscana (3,7 milioni) avesse abbandonato la scuola». Un altro indicatore importante da considerare per capire l’impatto di questo fenomeno sulla società è quello economico. «Tenuto conto che lo Stato investe per ogni studente della scuola secondaria superiore 6.914,31 euro l’anno (fonte Education at a glance, OCSE), il costo per quei 3,5 milioni di studenti che non ce l’hanno fatta, a valori correnti, tenuto conto di chi ha abbandonato dopo il primo anno (1,4 milioni di alunni), chi dopo due anni (473 mila) e così via si può stimare in circa 55 miliardi di euro (55.452.717.800 euro)».
Uno dei fattori che incide maggiormente sulla dispersione scolastica è la bocciatura. Ovviamente smettere di bocciare gli alunni, mantenendo alterato tutto il resto, non sarebbe la soluzione per favorire il completamento del percorso scolastico, mantenendo la qualità dell’istruzione. Per agire in questo senso, suggerisce TuttoScuola, bisognerebbe innanzitutto agire sull’impostazione dell’insegnamento: «Ben diverso potrebbe essere il giudizio se il contenimento delle bocciature fosse la conseguenza della personalizzazione dei piani di studio, realizzata attraverso la fissazione, per ciascuno studente, di obiettivi formativi definiti – materia per materia – sulla base delle potenzialità individuali (interessi, attitudini, capacità). In questo caso sarebbe consentito a tutti gli studenti di esprimersi al meglio delle loro possibilità, e a quelli che hanno difficoltà in alcune materie di impegnarsi in altre discipline (o attività anche di gruppo) per le quali abbiano migliori predisposizioni».
Quello dell’abbandono scolastico non è un tema che trova molto spazio nel dibattito politico, eppure è uno di quei fattori che influenzano lo stato di sviluppo di un paese, soprattutto nel medio-lungo periodo. Oltre a influenzare le probabilità di trovare lavoro al termine degli studi, chi porta a compimento il proprio percorso avrà più probabilità di godere di buona salute e meno possibilità di delinquere, portando un miglioramento della qualità della vita e a un risparmio per l’intera collettività.
(Foto di Feliphe Schiarolli su Unsplash)